C’è un’ Europa inquieta che sempre meno riesce a stabilire la linea di confine della propria preoccupazione; ce n’è una che contemporaneamente avvia il più distraente dei riti collettivi; il più atteso dei circenses in salsa teutonica, con il fuoriprogramma (fuoriprogramma?) di un allarme-bomba e la censura per le note di Gigi D’Agostino.
Nagelsmann e Clarke, in tutto questo, devono isolare i propri giocatori e scegliere come interpretare l’avvio della rassegna.
Le migliori intenzioni di una Scozia qualitativamente non indecente vanno a sbattere contro il muro, quello rimasto in Germania, dell’intensità tedesca, alla quale il pregio tecnico di Gundogan e compagni consentono il passaggio dalla prosa alla poesia, soprattutto nell’ultimo terzo di campo. Questo, ancora più del tabellino dove è scolpito il doppio vantaggio, spiega la prima frazione di gioco.
Più passa il tempo, più cresce il numero dei firmatari per la petizione mondiale che invoca il prolungamento di carriera per Toni Kroos; Germania sul velluto e pubblico in visibilio patriottico, apparentemente senza devianze nazionaliste. Prende corpo un quesito filosofico: è fortissima, come molto probabilmente è, la Germania o nella ripresa, oltre al risultato più che perentorio, è svanita la Scozia fino al punto tale da sembrare molto più scarsa di quanto sia in realtà?
Nel bailamme trionfalistico dell’Allianz Arena, mitigato dall’orgoglio dei canti scozzesi, il giudizio che ci lascia la partita procede per via di sintesi paradossale: è talmente fluido il palleggio tedesco che sembra la Germania, quella col Kilt, per tutta l’aria che passa tra una palla e l’altra.
Paolo Marcacci