Von der Leyen e Mattarella uniti contro la “disinformazione russa”: così la censura ci fa regredire

Nulla di nuovo sotto il sole, in verità, se si considera che riflessioni di questo tipo abbondano già da anni in Occidente, e sono state peraltro recentemente riprese anche dalla vestale del neoliberismo, Ursula Von der Leyen, la quale si è avventurata a enunciare la necessità di uno scudo democratico, mai espressione fu più orwelliana, contro detta disinformazione. Non sarebbe ozioso domandare se verrà un giorno in cui si occuperanno anche, magari, della disinformazione occidentale di matrice liberal-atlantista. A ogni modo, sarebbe anche interessante domandare a Sergio Mattarella, con il dovuto rispetto per la carica istituzionale, che cosa egli intenda per disinformazione russa. Intende forse Mattarella il fatto che la Russia, del tutto legittimamente, ha una visione del mondo diversa rispetto a quella dell’occidente global-nichilista? E a che titolo e su che basi l’Occidente pretende di combattere tale visione e di più di liquidarla in toto come mera disinformazione? Precisiamo ancora meglio il concetto.

Che cosa dobbiamo intendere per disinformazione? Chi andasse in giro dicendo che 2 più 2 fa 5 farebbe indubbiamente disinformazione. Infatti la falsità di tale proclamazione potrebbe essere smascherata more geometrico in ogni istante. Ma come si fa a liquidare ugualmente come disinformazione una visione del mondo differente dalla propria, magari quella che ritiene la globalizzazione neoliberale ampiamente criticabile su più fronti, o quella che ritiene che non si possono limitare i diritti e comprimere le libertà in nome di un’emergenza, climatica o sanitaria che sia? L’erramento mi pare, sotto questo riguardo, duplice. Anzitutto, con la lotta contro la disinformazione, si pretende di ridurre il mondo intero, la ‘Omnitudo Realitatis’, a certezza scientifica analoga a quella del 2 più 2 fa 4. Ma noi sappiamo che il mondo delle vicende umane non è affatto geometrizzabile, essendo invece lo spazio aperto del contingente e dell’interpretazione.

Con l’ovvia conseguenza che liquidare come disinformazione le interpretazioni diverse e magari non gradite all’ordine dominante non è un gesto scientifico, è invece un gesto chiaramente politico. La lotta contro la disinformazione finisce dunque per limitare per decreto la libertà di interpretazione del mondo. La seconda questione riguarda poi il fatto che la democrazia, secondo quanto ricordato da Spinoza nel suo rivoluzionario Trattato Teologico-Politico, dovrebbe essere lo spazio della libertas philosophandi, o più semplicemente della possibilità di dire liberamente tutto ciò che si pensa, senza essere censurati e puniti come disinformatori. Perché di questo in effetti si tratta. La figura del censore, intrinsecamente orrenda, non è scomparsa dal circolo dell’apparire, ma semplicemente si è ridefinita orwellianamente come fact checker o come debunker. Come non mi stanco di ripetere ad nauseam, le idee false vanno combattute mediante le idee vere, poiché il contrario del falso è appunto il vero, non la censura. Stiamo sempre più regredendo verso una situazione in cui il capitalismo, oltre a non essere in grado, come sempre, di garantire i diritti sociali e del lavoro, sempre meno appare nelle condizioni di rispettare le libertà individuali e financo la libertà di espressione. Perché di questo, infine, si tratta.