Diversi candidati che già si azzannano tra loro. Si accusano. Si minacciano di fare meglio e di prendersi tutto il bottino alla prossima tornata. Non è la giungla né uno scenario post-bellico, ma il post-voto dei partiti del “dissenso” alle elezioni europee.
Per partiti del dissenso intendiamo quelle forze politiche più radicali su temi come la guerra, l’ecologia, l’Europa stessa, senza paura di andare controcorrente; con un bacino di voti potenzialmente esplosivo, visto che una larga fetta di elettori è rimasta a casa.
Potenzialmente, appunto. Democrazia Sovrana e Popolare, di Rizzo, resta a percentuali minime (0,15%), “addirittura meno di Forza Nuova alle ultime europee“, tutto il resto è astensionismo e mura di cinta: come quelle di Messina dove Cateno De Luca trionfa. Ma solo lì, e resta a distanza siderale dai 150mila voti.
Michele Santoro, contro tutto e tutti, ha portato a casa oltre il 2% delle schede con la sua Pace, Terra e Dignità, restando pure a distanza di sicurezza dallo sbarramento ma realizzando in pochissimo tempo ciò che molti avamposti del “dissenso” non sono riusciti a fare in decenni.
“Un risultato soddisfacente, sicuramente dignitoso a differenza di tutti gli altri partiti dell’area che hanno fatto una figuraccia pessima“.
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