Chi eravamo vent’anni fa? Cosa pensavamo? Con chi eravamo sposati o fidanzati e magari pensavamo di sposarci? Che fine hanno fatto quelle persone, assieme a tante nostre abitudini? Quanto pesavano i telefoni cellulari che adoperavamo? Come pensavamo di trascorrere i vent’anni che avevamo davanti?
Lui, c’era già; li ha trascorsi mettendo insieme, oltre a mille altri record, sei Campionati Europei per nazioni, tra l’altro vincendone uno, quello del 2016, riuscendo a risultare determinante persino da infortunato, in finale, a bordo campo, contro la Francia. Chi ha tempo non aspetti tempo, dice il proverbio; lui il tempo lo moltiplica elargendole da sé all’ambizione di andare oltre se stesso, incazzandosi finanche se subisce una sconfitta a calcio tennis, altro che Al – Nassr.
Il suo sesto Europeo è cominciato con un assist di tacco senza guardare, solo sentendo palla e uomini, come faceva già quando era un adolescente dal sorriso sdentato.
È nella storia proprio perché continua ad abitare la cronaca, come ha fatto nell’esordio del Portogallo nel Gruppo F, contro la coriacea Repubblica Ceca di Hasek.
Nel possesso palla avvolgente e cadenzato dei lusitani, lui nel primo tempo riesce a essere il massimo fattore di pericolo, in due occasioni, oltre che di ispirazione per i compagni negli ultimi trenta metri.
Il gol ceco di Provod e il pari…cieco come il vicolo di ogni autogol, dello sfortunato Hranac, sono stati punteggiatura di cronaca rispettosa nella prosa enciclopedica di una carriera che ha abbinato sontuosa poesia di realizzazioni infinite a solidità statistica che ancora si arricchisce di dati. Nella concitazione finale, al fado del più giusto dei pareggi, con la Repubblica Ceca più pimpante nel finale, si sovrappone il rap di Conceicao: 2-1 Portogallo, la generazione futura prende in mano quella eterna di Ronaldo.
A proposito, chi eravate venti anni fa?
Paolo Marcacci