Aggressione a giornalista, il retroscena sulle violenze di Torino: a chi giova questa narrativa TV

Sui quotidiani nazionali si parla ossessivamente in questi giorni del brutto caso torinese del giornalista della stampa Andrea Joly, aggredito da alcuni facinorosi della destra neofascista. Pare che il giornalista, passato per caso, a suo dire, nella zona del locale in cui si celebrava una festa della destra neofascista, abbia principiato a riprendere col cellulare quel che stava accadendo, finché non è stato sorpreso, identificato e infine malmenato da alcuni facinorosi evidentemente infastiditi dalla sua presenza. Facinorosi che oltretutto lo hanno aggredito in tanti contro uno solo, conciò rivelando l’esatto opposto di quello che si è soliti chiamare coraggio.

Va da sé che l’episodio non può che essere condannato senza se e senza ma, come sempre deve essere con la violenza, soprattutto con quella ingiustificata e rivolta contro chi a sua volta non ha usato violenza. E condanne in effetti vie stata da ogni parte politica, dall’estrema sinistra neoliberale all’estrema destra neoliberale, passando per l’estremo centro neoliberale. Il punto su cui però mi pare importante insistere non riguarda tanto la giusta e anche ovvia condanna della violenza.

Mi pare invece un altro il punto su cui dirigere la nostra attenzione. È mai possibile che nell’Italia del 2024 ancora il dibattito sia fermo alla contrapposizione tra fascismo e antifascismo? Deve essere chiaro che i folclorici soggetti facinorosi che hanno aggredito il giornalista della stampa, che lo sappiano o meno, fanno la parte degli utili strumenti dell’ordine neoliberale. Ordine che tutto l’interesse quea far credere alle masse tecnonarcotizzate e teledipendenti che l’emergenza oggi, nel 2024, sia quella del fascismo e non invece quella della violenza dei mercati e del fiscal compact, della finanza predatoria e dell’ordine neoliberale dominante su scala cosmopolitica.

I padroni del discorso in effetti si sfregano le mani quando capitano episodi come questo di Torino, da che possono tenere in piedi la propria ridicola narrazione dell’emergenza sempiterna del fascismo. Emergenza narrativa buona solo a distrarre le masse dalla vera emergenza della violenza neoliberale del manganello invisibile dei mercati. Come non mi stanco di ripetere ad abbondanza, l’antifascismo in presenza di fascismo, quale fu quello di Antonio Gramsci, fu eroico e nobile, laddove l’antifascismo odierno in assenza di fascismo risulta sotto ogni profilo patetico, da che non fa che legittimare la società dei mercati, presentata come democrazia da difendere rispetto al ritorno del fascismo, a sua volta identificato sic et simpliciter con tutto ciò che possa mettere in discussione l’ordine dominante, incardinato sulla violenza invisibile dei mercati.

I tre o quattro facinorosi, rigurgiti di un passato ormai morto, che hanno aggredito il giornalista della stampa, sono dunque i migliori alleati dell’ordine dominante. Ne sono anzi, sotto ogni riguardo, gli utili e inconsapevoli strumenti. Bisogna che sia chiaro.

Occorre prendere coscienza del fatto che oggi la contraddizione del nostro presente non si chiama fascismo, non si chiama comunismo, ma si chiama capitalismo globalizzato. Questa è la base di tutte le violenze della società neoliberale e cercare di far credere che la violenza oggi sia quella del manganello fascista o dell’olio di ricino serve solo a distrarre lo sguardo, a rendere invisibile la contraddizione reale.