Nei giorni scorsi è tornato a pontificare, in una delle sue innumerevoli epifanie catodiche, l’immarcescibile Corrado Augias, paladino del politicamente corretto liberal progressista e della globalizzazione mentale dell’immaginario.
Augias ha spiegato che, di per sé, l’Italia sarebbe già fallita da tempo e avrebbe indubbiamente fatto la fine dell’Argentina, se non fosse per l’Unione Europea. Il fabula docet, naturalmente, è che dovremmo tutti essere eternamente grati a Bruxelles e alla von der Leyen per la protezione che, a giudizio di Corrado Augias, generosamente ci offrono, proteggendoci dal declino a cui andremmo necessariamente incontro se solo procedessimo in autonomia e senza detto generoso supporto dell’Unione Europea.
Che Corrado Augias si iscrivesse nel popoloso schieramento degli euroinomani e degli austerici era cosa nota, e anzi arcinota, da tempo.
Ma con quest’ultima fumettistica sortita la misura appare davvero colma, come si suol dire.
Intanto sarebbe d’uopo che qualcuno provasse a spiegare al paladino dell’arcobaleno che i drammi dell’Italia sono principiati proprio con il suo ingresso nel magnifico regno dell’Unione Europea. Cosicché appare piuttosto difficile sostenere, come fa Augias, che l’Unione Europea sia la soluzione e non invece, come saldamente crediamo, il problema.
Non è nemmeno troppo difficile acquisirne la giusta consapevolezza.
Basta anche solo confrontare en passant il salario odierno dei lavoratori e le condizioni di vita attuali generali degli italiani con la situazione pre-Unione Europea. Disse una volta incautamente Romano Prodi, un altro inguaribile euroinomane, che grazie all’Unione Europea avremmo lavorato un giorno in meno guadagnando però come se avessimo lavorato un giorno in più.
Vi risulta forse vagamente confermata questa profezia? Pensate anche solo alla tremenda crisi finanziaria del 2007.
Come anche ha notato l’economista Paul Krugman (premio Nobel per l’economia nel 2008), se l’Italia avesse avuto una moneta sovrana, avrebbe eo ipso potuto tranquillamente evitare di comprimere i salari e avrebbe potuto applicare politiche economiche di marca keynesiana, forse sul modello del New Deal.
Cosa direbbe l’euroinomane Corrado Augias al cospetto di questa pacata tesi bene argomentata e difficilmente confutabile?
Probabilmente niente. Magari si limiterebbe a ripetere in maniera pavloviana che “ci vuole più Europa“, la frase preferita dalla variegata truppa degli euroinomani e degli austerici.
Diceva Herbert Marcuse, nelle pagine incendiarie de L’uomo ha una dimensione, che il pensiero dominante proprio della società capitalistica si fonda su teoremi infondati e puramente ideologici, manipolatori e propagandistici, i quali teoremi vengono ripetuti senza tregua, con effetto ipnotico sulle masse, diciamo noi, teledipendenti e tecnonarcotizzate.
Ovviamente, Corrado Augias e gli altri esponenti della tribù euroinomane non potrebbero reggere in alcun modo un confronto serio di tipo scientifico, dove per scientifico intendiamo basato sul ragionamento, sul lumen naturale, sui dati e sulla capacità di supportare le proprie tesi rigorosamente, in maniera argomentata, non per slogan televisivi, buoni solo a ipnotizzare le masse teledipendenti e tecnonarcotizzate.
Ma tant’è, nihil novi sub sole come usa dire. Si chiama propaganda e ormai tutti dovremmo sapere piuttosto bene come funziona, dato che si trova ogni giorno ribadita su tutti i principali canali di informazione televisivi, giornalistici e radiofonici.
Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro