Vita connessa: è questa la definizione più adatta a descrivere la quotidianità che viviamo nel 2024. La nostra vita è sul web, in ogni momento. Chiunque, almeno una volta, ha condiviso le proprie informazioni personali sul web. Sempre più spesso sentiamo parlare di ‘cookies’ e tra gli argomenti controversi su cui l’iperconnessione ha posto la lente d’ingrandimento c’è proprio la privacy sul web. Come vengono raccolti i dati che immettiamo su internet? In che modo possiamo vietarne la diffusione e la manipolazione? Aziende e multinazionali possono servirsi delle nostre informazioni sensibili per i propri scopi commerciali?
Fabio Duranti, in un editoriale ai microfoni di ‘Un Giorno Speciale’, ha messo in evidenza luci e ombre della raccolta dati sul web: “I nostri dati, una volta inseriti in rete, diventano digitali. Un dato digitale non è una firma autografa, qualcosa di analogico. I colori che vediamo con i nostri occhi, per esempio, non hanno una base numerica. Ma quando inserisci un dato in un form, ovvero quei moduli che compili quando ti registri a un account, e premi invio, quel pacchetto di dati entra in rete alla velocità della luce, passando attraverso vari dispositivi e soggetti privati. Questo tragitto non è totalmente sicuro, perché chiunque, con la forza economica e la volontà, può intercettare, modificare e reinserire i dati nella loro corsa. Questo accade soprattutto con soggetti malevoli che mandano email fraudolente o modificano i dati nei loro database. Voglio spiegare che, nel momento in cui inserisci un dato in rete, esso può essere manipolato e usato contro di te. Nessuno potrà mai provare che non hai accettato i sistemi di telemarketing o di marketing se l’azienda ricevente mostra che hai cliccato “sì”