I giovani dell’Erasmus Generation potrebbero marciare contro la Russia di Putin

Così titolava nei giorni scorsi La Stampa, rotocalco sabaudo per eccellenza: “Nel 2029 la generazione Erasmus potrebbe dover marciare su Mosca“. Insomma, pare che ormai la guerra sia vicina e che l’ordine del discorso dominante la ammetta a tutti gli effetti come possibilità reale, ovviamente giustificandola con registro orwelliano e la definisce una “pratica difensiva“.

L’articolo del rotocalco sabaudo commentava, in particolare, le parole recentissime del ministro della difesa teutonico. A questo riguardo, ci domandiamo davvero cosa ne pensino i baldi giovani della Erasmus Generation, che in un suo prezioso studio Paolo Borgognone ha definito “i cortigiani” della società del nuovo feudalesimo tecnofinanziario.

Chissà, forse non si aspettavano che la catechesi liberal globalista a cui erano stati sottoposti grazie all’Erasmus, la nuova leva militare obbligatoria del cittadino globalizzato, comportasse alla fine anche il fronte bellico e magari anche il sacrificio in nome della NATO e del suo imperialismo. I millennials, nativi a capitalismo integrale, sono stati da lungo tempo abituati alla coolness progressista, allo sradicamento e alla battaglia preventiva contro ogni stabilità di identità, di sentimento, di territorio e financo mentale.

In una frase, i figli dell’Erasmus Generation sono stati educati ad amare le proprie catene. Prodotti in batteria come polli da allevamento educati a essere cittadini del mondo, cioè a non avere un posto fisso nella vita, nel mondo e nel lavoro, i giovani cortigiani della società dello spettacolo, adesso vengono prontamente avvertiti: presto potrebbero dover marciare in divisa militare, magari color arcobaleno, contro la Russia di Putin.

Magari si dirà loro che si tratta di una battaglia di civiltà, tesa a difendere il loro stile di vita liquido e liberal progressista, improntato alla coolness post moderna. Come sempre, non ci aspettiamo moti di contestazione e sollevazioni rivoluzionarie: la Erasmus Generation è stata, del resto, educata dai pedagoghi del globalismo e dai precettori della coolness merciforme a insorgere solo in nome dell’arcobaleno e delle battaglie contro tutto ciò che possa contestare l’ordine della globalizzazione turbocapitalistica.

I cortigiani della civiltà postmoderna, come i cavernicoli di Platone, si battono soltanto per difendere le proprie catene. Sono stati allevati nella cornice dell’ideologia che prevede che l’occidente liberal-atlantista sia per definizione buono e giusto e che, viceversa, perverso e totalitario, sia tutto ciò che non rientri nei suoi spazi reali e simbolici. Vero è che non ci stupiremmo poi molto se i giovani cortigiani della società turbocapitalistica fossero alla fine lieti di marciare contro la perfida Russia dello Zar rosso bruno Putin, per sacrificarsi infine sull’altare dell’imperialismo di Washington.

Il grado di ideologia che hanno subito in questi decenni è tale che davvero non ce ne stupiremmo.

D’altro canto, i giovani dell’Erasmus Generation sono stati davvero prodotti in vitro come soggetti ideali, in un processo di soggettivazione diremmo con Foucault, funzionali del tutto alla civiltà dello spettacolo, quella che ora si prepara a mandarli al fronte, a morire per la libertà e per la democrazia, ovvero per la NATO e per il suo imperialismo.

Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro