Il Dio del calcio non è Cristiano

Non è così scontato, pur in una rassegna tra le più prestigiose, avere da una parte e dall’altra così tanta gente che sa come far sorridere il pallone, quando lo accarezza con i piedi. È il primo aspetto da mettere a bilancio al termine del quarto di finale forse più intrigante di tutti, ossia quello fra Portogallo e Francia andato in scena ad Amburgo.

I transalpini hanno una rosa tale per fare una guerra, oltre che per allestire due nazionali, non una. I portoghesi rispondono, oltre che con nomi di livello mondiale, con un fraseggio di qualità in ogni terzo di campo. Poi, ci sono i due portieri, Maignan un poco di più rispetto a Diogo Costa, che regalano interventi decisivi.

Ciò che manca all’una e all’altra è ciò che le proietta oltre il novantesimo, ossia l’episodio risolutore sotto porta, perché oltre alla bravura dei portieri ci sono le polveri bagnate di Ronaldo, Mbappé, Leão, Griezmann. La vivacità la aumentano i subentrati, come Dembélé, come Conceicao.

C’è un uomo con una baguette appiccicata al cappello, sugli spalti; ce n’è un altro che in campo ha mangiato un pezzo di banana, prima di spedire quasi fuori dal Volksparkstadion un pallone favorevolissimo. Quello con la baguette aveva paura di quel pallone, l’altro è Ronaldo.

Addormentano il pallone ad arte, Pepe e compagni, per poi dargli di colpo la scossa, cercando di lasciare scoperti i francesi. Finale rocambolesco e sussulti offensivi che culminano in errori striati dall’acido lattico.

Si va ai rigori, bellezza, che cominciano con tanti specialisti nel Portogallo e con quelli della Francia alcuni dei quali mancano all’appello. Maignan ne intuisce tanti; il palo alla sua destra respinge quello di Felix. Francia avanti. Il dio del calcio non è Cristiano.

Paolo Marcacci