Spagna, un soviet di lusso

Tutto lo spazio che c’era tra una maglia della Francia e l’altra, è stato riempito nel primo tempo, con ritmo crescente, dalle casacche spagnole, tra un gioco di prestigio in punta di scarpino e l’altro da parte di Dani Olmo e compagni.

Vogliamo parlare di Yamal, che ancora deve finire i compiti per le vacanze ma è già stato promosso con lode dall’Europa intera?

E dire che la Francia si era presa il vantaggio, su azione, paradossalmente cambiando l’inerzia della maniera con la quale era arrivata in semifinale. Per l’occasione, con l’assist di Mbappé per Kolo Muani abbiamo creduto per qualche minuto di aver già visto la cosa più bella del primo tempo.

Con le spalle coperte dal Professor Rodri comodamente seduto dietro la sua cattedra di centrocampo, la trequarti spagnola tesse ragnatele a due tocchi e appena può innesca la dorsale di sinistra sulla linea Cucurella (più fischi che capelli) – Williams.

Allo scoccare dell’ora di gioco gli equilibri sono cambiati: più Francia in campo nemico, Spagna meno avvolgente. I cambi di Deschamps rendono più intensa e più verticale la Francia, con una Spagna sempre più votata a possesso e copertura.

Il cronometro sembra diventare alleato degli spagnoli non perché i minuti passino più in fretta, ma perché trascorrono senza che la Francia traduca l’occupazione territoriale in conclusioni realmente pericolose; e dire che nel frattempo è arrivato anche Giroud.

Dopo 5′ di recupero, avendo capitalizzato un primo tempo sontuoso, una Spagna ricamatrice di passaggi approda alla finale; festeggiano, oltre a una bionda signora francese probabilmente, i tifosi di una nazionale che si riconosce sempre nella sua identità tecnica e che come sovrappiù stasera ha avuto un Morata “totale” a livello di sacrificio, atletico e tattico.

Paolo Marcacci