Strage del Vajont, dopo 60 anni il Senato ammette di chi sono le responsabilità della tragedia

Il 9 Ottobre 1963 la seconda più grande frana del pianeta terra, dopo quella nel versante indiano del Pamir ha provocato la morte di quasi 2.000 persone. Sessant’anni fa, il Monte Toc cede e 270 milioni di metri cubi di rocce discendono verso il basso confluendo nel bacino del lago artificiale della diga del Vajont. Dall’impatto dei massi contro la diga alta 250 metri, si alza un’onda di 50 milioni di metri cubi. Lo tsunami investe e cancella per sempre i paesi di Erto, Casso e in sei minuti spazza via Longarone, Vajont, Castellavazzo, Pirago, Rivalta, Villanova e Faé. Molti dei morti dispersi nel fango e trascinati dalla corrente dell’onda, non sono mai stati trovati. Eppure i segnali di pericolo c’erano stati ma furono del tutto ignorati.

Tre anni prima della catastrofe, il 4 novembre 1960, la valle era stata attraversata dalla prima frana che provocò forti scosse di terremoto. Per 60 anni i responsabili non furono interpellati e le cause della strage furono attribuite a delle “tragedie naturali”, nonostante il lavoro d’inchiesta portato avanti dalla giornalista Tina Merlin che attestava l’esistenza dei cedimenti e delle crepe nella diga. Le responsabilità era attribuibili alla società che l’aveva progettata, ovvero la Sade: una delle più importanti società idroelettriche d’Italia, incorporata all’Edison nel 1962 e infine da Montedison. Nonostante i ripetuti appelli della comunità locale e delle associazioni dei superstiti della tragedia, soltanto adesso il Senato ha eliminato la parola “incuria” dalla legge in memoria della catastrofe.

I responsabili della strage

Seppur con un atto di giustizia tardivo, il Senato ha deciso di rimuovere il termine “incuria” per ammettere l’esistenza di responsabilità collettive nella tragedia della Diga del Vajont. I diretti interessati sono le amministrazioni locali e nazionali che avevano omesso di valutare le criticità dell’opera strutturale, ignorando le segnalazioni sulla sua pericolosità.

La legge del Senato dovrà essere poi approvata in via definitiva dalla Camera dei Deputati. La proposta è stata fatta da Marco Dreosto segretario della Lega del Friuli Venezia Giulia ed è una decisione unanime della Commissione Affari Costituzionali. Un atto preso per dimostrare che la catastrofe non avvenne per negligenza ma per responsabilità degli individui coinvolti. A denunciare i primi sospetti sulla pericolosità della diga fu la giornalista Tina Merlin.

La responsabilità della tragedia secondo la Merlin, era riconducibile alla società adriatica di elettricità (Seda) che fu l’Ente gestore dell’opera. All’azienda va imputata la responsabilità di aver nascosto il rischio idrogeologico per sfruttare la ricchezza del serbatoio di bacini e fiumi che scorrevano in quella valle. Dunque per produrre l’oro bianco: l’acqua da poter trasformare in energia. Seda secondo Merlin, sottovalutò volontariamente le crepe nella diga e gli smottamenti della struttura. I danni e la pericolosità dell’opera vennero minimizzati fino ad essere occultati. Proprio per questo motivo quando la diga esondò, la versione della storia che fu data, fu quella di una catastrofe scaturita da una tragedia naturale e imprevedibile. Oggi finalmente la voce dei comitati locali, di Merlin e della associazioni per le vittime della strage che cecarono di ottenere la verità, è stata ascoltata dal Senato. Speriamo solo che la legge sarà approvata e passerà in via definitiva presso la Camera dei Deputati, per dare giustizia anche se tardi, alle vittime di quella strage.