“Alla fine, quante altre squadre, non top club a livello europeo, avrebbero saputo tenere il campo con autorevolezza come ha fatto la Dea?”
Punizione troppo severa o Real che, alla fine, in un modo o nell’altro fa emergere le proprie, sontuose individualità? Probabilmente entrambe le cose; in mezzo sta l’Atalanta, autorevole più o meno per un’ora, poi evitabilmente frustrata dall’uno – due merengue, con Vinicius, Mister Miliardo 2.0, che sale in cattedra inclinando il piano del sostanziale equilibrio a vantaggio dei suoi.
C’è stato molto, però, nei contenuti, oltre ai gol di Valverde e Mbappé che finiscono sull’almanacco traducendo, a livello di cifre, un dominio che in sostanza non c’è stato o almeno per un’ora non si era visto.
Bisogna ricordare che alla truppa di Gasp mancavano uomini che nei rispettivi ruoli in un collettivo come quello orobico sono dei valori assoluti, compreso Zaniolo, pur se appena arrivato.
Nell’ultimo terzo di gara, come spesso accade, oltre alle individualità degli avversari – Carvajal sontuoso – ha pesato la caratura mentale, ossia quell’aspetto a metà tra autostima ed esperienza che non si spiega solo con i soldi ma anche col blasone, che però dei soldi è storicamente una conseguenza.
Alla fine, quante altre squadre, non top club a livello europeo, avrebbero saputo tenere il campo con autorevolezza come ha fatto la Dea?
Paolo Marcacci