Ma cosa sono queste “riforme strutturali” di cui parla la Banca d’Italia? Semplice fumo negli occhi!

Un recente intervento di Fabio Panetta, governatore della Banca d’Italia, ribadisce la necessità per l’Europa di concentrarsi sulle cosiddette riforme strutturali e sugli investimenti per rilanciare la propria economia. Usando un frasario rituale, secondo Panetta la stabilità economica e la crescita sostenibile dipendono da una capacità dell’Unione Europea di rispondere, secondo lui, tempestivamente alle sfide globali attraverso politiche fiscali espansive e un’agenda di investimenti in settori strategici. È interessante notare come Panetta sottolinei la necessità di coordinare gli sforzi nazionali per massimizzare l’impatto delle riforme a livello europeo.

Se da un lato il rilancio europeo è indubbiamente legato secondo lui a riforme e investimenti, dall’altro rimane il problema dell’effettiva capacità di esecuzione delle politiche da parte dei singoli stati membri, e questo lo vediamo ormai da vent’anni, spesso vincolati da una burocrazia fine a se stessa e dalla rigidità dei parametri del patto di stabilità. Il governatore della Banca d’Italia menziona l’importanza di una flessibilità fiscale, un tema già al centro di un dibattito post-pandemico, ma che continua ad incontrare resistenze nei paesi del Nord Europa, che invece sono inclini alle politiche di cosiddetta austerità. Quindi, come vedete, non abbiamo nulla a che spartire con loro.

Rimane dunque il dubbio se le ambiziose proposte di Panetta possano trovare una concreta attuazione in un contesto politico-economico frammentato, dove la coesione europea viene spesso sacrificata a favore di interessi nazionali divergenti. E qui la domanda diventa retorica, ma allora dove sarebbe la cosiddetta Unione Europea? Il discorso quindi del governatore della Banca d’Italia, pur pieno di buone intenzioni, manca quindi di un’analisi concreta di fattibilità reali e di limiti strutturali che hanno finora impedito all’Italia e all’Europa di realizzare quei cambiamenti che secondo lui sarebbero necessari per un rilancio duraturo. Quindi senza un cambio di paradigma queste parole rischiano di rimanere, come sono sempre state, soltanto una vuota retorica.

Riparto con la mia rubrica per farvi notare come ancora una volta si parli sempre di finanza e si giri intorno ad una decisione di una presunta Unione Europea che da 20 anni ingessa la crescita del nostro Paese.

Malvezzi Quotidiani – L’economia umanistica spiegata bene con Valerio Malvezzi