Dybala, Pirandello e la narrazione

Tra le tante parti in causa, stiamo per smarrire il senso della causa stessa. Gli utili no: quelli spetterebbero tutti a Paulo Dybala e in tre anni potrebbero anche far cicatrizzare le ferite per l’uscita dal calcio vero al giro di boa dei trent’anni e l’eventuale perdita della Nazionale Albiceleste. Che tra le ipotesi del suo futuro non ci sia quella di andare a caricare vagoncini di sabbia sotto il sole del deserto lo sapevamo già, insomma; andrebbe ricordato a chi dipinge la Joya come una specie di piccola fiammiferaia numero 21 pronta a chiudere la sua valigia di cartone.

Ah, la narrazione! O presunta tale, visto che le pagine dei dettagli sono ancora in buona parte vuote. Poi è chiaro che gli insulti se li becca De Rossi, perlomeno finché è l’unico a dire mezza cosa, da solo e senza dirigenti al fianco.

Così è (se vi pare). In parecchi avete letto Pirandello, vero? Facendo caso alle parentesi, laddove la realtà è così paradossale, soprattutto se se ne racconta solo il pezzettino più ovvio, da capovolgere il rapporto tra le cose come stanno realmente e il modo in cui appaiono, che spesso può apparire quello più realistico, ma non vuol dire che sia anche reale.

Ricordando che a mantenere la parola finora sono stati tutti quei tifosi che avevano manifestato la volontà di abbonarsi e in effetti lo hanno fatto, ogni tanto sarebbe d’uopo ricordare quella vecchia scenetta romanesca, quella della bella fanciulla che si lamentava: – Mamma, mamma, Peppe me tocca! -. Poi, sottovoce: – Toccame pè, toccame Pè! -.

Paolo Marcacci