Su Imane Khelif sbagliano tutti, sia destra che sinistra. E l’ideologia gender la fa da padrona

Si sta discutendo da giorni in maniera estenuante e francamente evacua sullo scontro di pugilato olimpico fra l’italiana Angela Carini e Imane Khelif, pugile algerina. Dopo appena 45 secondi di scontro l’italiana si è ritirata senza particolare onore e si è levato un coro di indignazione per il fatto che, così si è detto, è inaccettabile che un transgender possa competere nel pugilato con una donna. Se così fosse, l’indignazione sarebbe del tutto legittima e saremmo anzi i primi a indignarci. Ma così non è. Imane Khelif risulta infatti nata donna e risulta altresì che si riconosca nel proprio genere. Ripeto, siamo al cospetto di una persona nata di sesso femminile che si riconosce propriamente nel proprio genere. Dunque, tecnicamente, e al di là del vitreo teatro delle ideologie, quello a cui abbiamo assistito è uno scontro tra una donna, per quanto mascolina, e un’altra donna. Tutto il resto sembra chiacchiera senza fondamento. Si potrà dire che il testosterone era assai alto e tutto quel che si vuole, ma tecnicamente, ripeto, l’atleta vincente era donna. Si potrà dire che era una lotta impari, che Imane Khelif avrebbe dovuto competere in un’altra categoria dei pesi massimi o non so come si chiami, ma non si può certo dire che non fosse donna.

E lo dico rimanendo fermo sulle mie usuali posizioni, secondo cui i sessi, secondo natura, sono due, maschile e femminile. Come notava Aristotele nel Degeneratione Animalium, si dice maschio l’animale che genera nell’altro e femmina quello che genera in se stesso. Mi pare del tutto surreale che ora la destra, usualmente propensa a difendere la natura, rivendichi nuove categorie sessuali per inquadrare la Khelif come non donna. Come del resto mi pare ugualmente surreale che ora la sinistra, usualmente propensa a negare la categoria di natura, la evochi per sottolineare che la Khelif è donna. Siamo ovviamente molto dispiaciuti e amareggiati per la sconfitta della pugile italiana, ma siamo altresì sempre in prima linea nel difendere il Logos contro le derive, le ideologie e le posizioni irrazionali. Ci risulta del resto che in gare precedenti la Khelif sia stata battuta da altre donne, come accadde a Tokyo nel 2020. Coloro i quali vanno sostenendo che la Khelif non è donna né uomo ma di un altro genere, non fanno altro che accettare, forse inconsapevolmente, la dottrina genderistica. Di fatto ammettono che i generi sono più di due. E lo stesso si può dire di quelli che si ostinano a dire che la Khelif non è donna, a prescindere dal fatto che sia nata donna.

Tecnicamente la Khelif è nata con la vagina e non con il pene e, come sempre si dice, donna è chi non ha il pene e chi nasce con la vagina dunque non si capisce perché si debba negare il titolo di donna alla Khelif. Non vi accorgete forse che se si scardina il presupposto per cui o si è maschi o si è femmine si spalancano in tal guisa in ogni caso le porte alla dottrina genderistica? Ci è estranea la cultura del gender secondo cui i generi sarebbero molteplici e non due. E ci è altresì estranea la cultura del piagnisteo e del vittimismo, propria di un tempo in cui il solo eroe ammesso coincide con la vittima, reale o presunta.
Continueremo come sempre a combattere contro l’ideologia gender e le sue patologiche deviazioni, ma in questo caso, per onestà e per rispetto del Logos, dobbiamo dire che tutto questo non c’entra davvero nulla.

Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro