Come non mi stanco di ripetere ad nauseam, l’odierna industria culturale svolge una parte decisiva nella legittimazione ideologica dell’ordine dominante, vale a dire dell’ordine a beneficio delle classi dominanti e del rapporto di forza egemonico nel tardo capitalismo che sempre più assume la forma di un feudalesimo tecnicizzato. Ecco perché la massima parte delle prestazioni intellettuali e artistiche oggi, negli spazi alienati della civiltà dello spettacolo, risultano all’insegna del più piatto conformismo rispetto agli schemi prestabiliti del sistema turbocapitalistico sans frontieres.
Ed è appunto secondo questa chiave ermeneutica che debbono, a giudizio di chi vi sta parlando, essere interpretate le recenti dichiarazioni della cantante Angelina Mango, la quale, al Pride Village Virgo di Padova, è stata incalzata recentemente dalla presentatrice a rispondere a una domanda tutto sommato abbastanza scontata e in linea con il discorso oggi egemonico. La presentatrice ha chiesto alla cantante Angelina Mango se mai un giorno potrebbe piacerle una donna. Questa la risposta della cantante così come viene riportata dai più venduti quotidiani nazionali. «Assolutamente sì, ma oggi sono innamorata».
Così ha replicato Angelina Mango, la quale ha detto di essere fidanzata con il suo chitarrista.
Il sistema dell’industria culturale e dell’ordine neoliberale chiede perfino il giuramento preventivo ai suoi pretoriani di apertura alla fluidità post-familiare. “Sì, sono fidanzata con un uomo, e quasi me ne scuso, ma potrebbe benissimo piacermi una donna”.
Questo, in sintesi, il senso della surreale risposta fornita da Angelina Mango alla presentatrice che la incalzava con queste domande surreali. Ed è a ben vedere una risposta decisamente scontata. Provate a immaginare che scandalo se Angelina Mango avesse risposto negativamente. “No, non potrei mai innamorarmi di una donna. No, mi piacciono gli uomini”.
Vi sarebbe stato molto probabilmente un coro di proteste e magari anche di attacchi.
L’avrebbero verosimilmente accusata di essere retrograda e non aperta, magari anche incline tacitamente all’omofobia.
Come non ci stanchiamo di ripetere, il sistema capitalistico della deregulation integrale si fonda anche sulla deregolamentazione del mondo della vita e sulla decostruzione del tradizionale e naturale concetto di famiglia.
Del resto, il “wokeismo” arcobalenico non è altro che il neoliberismo applicato alla sfera dei costumi.
Neoliberismo che prevede che vi sia soltanto un polviscolo di consumatori liquidi e senza identità, votati unicamente al profitto nelle sue forme più deregolamentate.
L’ordine dominante, quello che nel mio libro “Il nuovo ordine erotico” ho definito il nuovo sistema dell’erotica consumistica, produce un sistema atomistico di atomi pansessualisti aperti a ogni figura possibile del godimento, secondo una variante erotica della civiltà dei consumi e dei suoi atomi votati al plusvalore economico. Ecco perché oggi nulla di più conformistico v’è che dichiararsi liquidi, fluidi, postfamiliari, aperti al pansessualismo.
Sempre di più appare evidente come gli araldi della civiltà tecnocapitalistica e del mondo dell’industria culturale siano massimamente conformisti proprio quando, all’apparenza, vogliono presentarsi come massimamente anticonformisti. Ripeto, non vi è nulla di più conformistico e omologato oggi che dichiararsi aperti e fluidi nell’accezione voluta e anzi pretesa dall’ordine dei mercati, che tutti ci vuole aperti e fluidi, votati unicamente al plusvalore e al plus-godimento.
RadioAttività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro