L’ultima surreale uscita della immarcescibile Ilaria Salis, europarlamentare della New Left dell’arcobaleno, nemica di Marx e delle classi lavoratrici, merita davvero un pur telegrafico commento. Ilaria Salis ha proposto la sua ricetta per la questione, sempre più dibattuta, della cittadinanza. Una soluzione in vero, semplice e lineare che si condensa nella formula: abolire la cittadinanza italiana.
Proprio così, per risolvere la vexata questio, la Salis taglia, come usa dire, il nodo gordiano e propone candidamente di abolire la cittadinanza italiana. Insomma, secondo Ilaria Salis, non bisogna integrare, secondo le forme oggi in auge del discorso egemonico, dallo ius soli allo ius scholae, ma direttamente bisogna abolire la cittadinanza italiana. Un passo ulteriore in un processo già in corso da tempo, quello della disgregazione della cittadinanza come figura di resistenza alla globalizzazione neoliberale che ci vuole tutti i consumatori sradicati e apolidi.
La lotta contro la figura della cittadinanza nazionale, condotta congiuntamente dalla destra del danaro e dalla destra del costume, è uno dei cardini del nuovo ordine mondiale liberale atlantista. In luogo di cittadini nazionali, sottoposti al controllo dello Stato e alle sue implicazioni in termini di diritti e di doveri, il turbocapitalismo sans frontières aspira a produrre una sola massa planetaria di homines globali, vale a dire di consumatori sradicati e apolidi, soggiogati unicamente al controllo e alle leggi dell’economia planetarizzata. I diritti del cittadino nazionale, dall’istruzione alla sanità, garantiti dallo Stato come potenza superiorem e dunque a prescindere dalla posizione occupata dai soggetti sul piano economico, vengono spodestati a beneficio delle merci per il consumatore globale.
I diritti mutati in merce sono astrattamente disponibili per tutti, senza limiti di cittadinanza, ma concretamente sono poi accessibili a chi disponga del necessario valore di scambio, cioè a chi se li possa permettere economicamente. E questa a ben vedere la logica illogica sottesa ai processi della privatizzazione e della sua capacità alchemica di mutare i diritti in merci. La destra del danaro persegue scentemente, nel nome del proprio interesse di classe, questo obiettivo, che la sinistra del costume, con l’usuale divisione del lavoro, promuove superstrutturalmente.
E lo fa mediante la celebrazione del borderless world e della legittimazione, in chiave liberal progressista, del concetto stesso di cittadinanza nazionale. Esso viene liquidato alla stregua di un retaggio di sapore nazionaliste fascistoide. Ancora una volta le battaglie della New Left dell’arcobaleno non portano a una società emancipata e senza classi, ma rinsaldano se mai è possibile il dominio totale del capitalismo.
Ecco perché ormai le parole d’ordine della New Left dell’arcobaleno, che anche abbiamo proposto di appellare Sinistrash, coincidono in tutto e per tutto con le parole dei banchieri e dei banksters, con le parole dei finanzieri e del grande capitale, senza confini, senza più Stato, senza più cittadinanza. Questo è il sogno del grande capitale cosmopolita e insieme il sogno della sinistra fucsia di completamento.
Come non ci stanchiamo di dire, la miseria della sinistra sta tutta nel fatto che un tempo difendeva nobilmente le classi lavoratrici, oggi invece difende unicamente il capitale di cui ha preso a parlare financo la medesima lingua.
RadioAttività – Lampi del Pensiero Quotidiano con Diego Fusaro