Com’è possibile che noi siamo in un mondo in cui ci guadagnano le banche e non ci guadagnano le imprese, le famiglie e addirittura non ci guadagnano gli Stati? Ecco, c’è una notizia ulteriore che conferma questa domanda retorica.
Quali sarebbero le motivazioni dietro al tentennamento della Banca Centrale Europea sull’incremento dei tassi di interesse?
Ed è davvero utile continuare con il mantra europeista degli ultimi vent’anni che tanto ha fatto la fortuna della Germania? Parliamo cioè di quel mantra basato su due cose fondamentali: l’export e il contenimento dei salari, cioè pagare poco i lavoratori. Se il modello poteva funzionare nella Germania post anni 2000, che ricordiamo ha beneficiato, a mio parere ingiustamente, di un cambio favorevole con l’adozione dell’euro, oggi quel ragionamento non è più attuale.
Sono necessari infatti degli investimenti per recuperare la competitività, per favorire i finanziamenti delle imprese, per garantire un incremento salariale doveroso, per dare il nuovo potere d’acquisto ai lavoratori che lo hanno perso in questi 20 anni.
Tutto questo potrebbe generare inflazione? Certamente, ma sarebbe il male minore, come succedeva negli anni ’70, primi anni ’80, quando cresceva l’inflazione, ma crescevano i salari, cresceva il potere d’acquisto della gente e c’era un’occupazione molto superiore; i tassi di risparmio erano il 25%, eravamo ricchi. Insomma, quello che vi voglio segnalare con questa puntata è che l’Europa si regge sulla competitività del prezzo e sulla compressione dei salari, ma non sono forse i salari a generare il potere d’acquisto?
Noi abbiamo una crisi che è una crisi da domanda effettiva.
Ed è la stessa domanda che noi possiamo rivolgere al fatto che le imprese fanno investimenti solo se c’è qualcuno in grado di comprare i loro beni e servizi, a loro volta gli investimenti generano la domanda di lavoro e quindi l’occupazione e favoriscono la vera competitività dei paesi. Non è troppo tardi per capire queste cose, ma non è che non vengono capite, non si vogliono fare.
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