Prime sollevazioni contro il bavaglio digitale ▷ “Qualcuno faccia leggere a Mattarella queste parole”

Presentato come il piano di “lotta alla disinformazione” del prossimo decennio, il Digital Services Act elaborato dall’Unione Europea viene così promosso in pompa magna come strumento irrinunciabile per fare ordine nella marmaglia delle notizie online.
Il problema è lotta a quale disinformazione. E soprattutto, da parte di chi.
Sono diverse infatti le criticità del DSA che i grandi quotidiani dimenticano sistematicamente di sviscerare, a partire dal pericolo concreto che questo mezzo venga usato non per il bene comune, ma per l’interesse privato. Già Elon Musk ha avuto modo di rispondere approfonditamente sulla vicenda, dopo che Thierry Breton gli ha intimato di applicare censure su X per rientrare nel quadro della normativa: “Per questo ci sono le leggi dello Stato. Se noi interferiamo con le leggi dello Stato censurando le persone, noi stessi ci poniamo al di sopra della legge”.
Di qui il pericolo del privato che si intromette in un bene pubblico – la libertà di informare e essere informati – con il pretesto della lotta alla disinformazione. Perché anche ammesso che sia un professionista a fare opera di fact-checking sulla verità, non è detto che quest’ultimo non sbagli, generando catastrofi.

Come nel caso della “grande bugia” di Colin Powell. Quella che giustificò l’entrata in guerra dell’America contro l’Iraq, con la fiala della discordia grazie alla quale si affermava che Saddam Hussein era provvisto di armi di distruzione di massa. “Un terribile errore”, dirà poi Powell anno dopo.
Errore che i “professionisti dell’informazione” furono ben lungi dallo scovare.
Qui la debolezza del discorso del capo di Stato Sergio Mattarella, che ricevendo stampa e agenzie al Quirinale ha sottolineato l’importanza delle notizie “verificate”.

Westminster Declaration

Scriviamo in qualità di giornalisti, artisti, scrittori, attivisti, tecnologi e accademici per denunciare la censura crescente a livello internazionale che minaccia di erodere norme democratiche secolari“. A farlo sono decine di firmatari, esponenti del mondo dell’informazione provenienti da tutto il mondo.

Pur provenendo da sinistra, da destra e dal centro, siamo uniti dal nostro impegno per i diritti umani universali e la libertà di parola, e siamo tutti profondamente preoccupati dai tentativi di bollare il libero discorso come “disinformazione” o con altre vaghe definizioni.

L’abuso di questi termini ha portato alla censura di persone comuni, giornalisti e dissidenti in tutti i paesi del mondo.

Questa ingerenza nel diritto alla libertà di parola sopprime discussioni in atto su questioni di stringente interesse pubblico e mina i principi fondamentali della democrazia rappresentativa“.