Nella tana delle “aspirine”, il Milan accusa ancora qualche linea di febbriciattola. Non perché gli uomini di Fonseca non siano stati in partita, anzi; il fatto è che, pur standoci fino alla fine, hanno evidenziato l’incapacità di cavalcare gli episodi giusti nei giusti momenti, contro un avversario che pure qualche concessione l’ha elargita, se pensiamo che Morata e compagni sono ancora lì nel cuore dell’area a disperarsi con incredulità.
Vero è che Maignan prima che iniziasse il forcing rossonero negli ultimi venti minuti aveva esibito tutta la sua reattività per evitare il raddoppio del Bayer, però ciò che resta nei nostri occhi alla fine della seconda uscita europea di Leão e compagni è ciò che…non abbiamo visto, non vi sembri un paradosso: tutto il potenziale offensivo del quale il Leverkusen ha avuto paura nell’ultima mezz’ora, dov’era rimasto celato per un’ora buona? Nella timidezza che ha avvolto il palleggio milanista e nei tempi di gioco per ampi tratti di gara troppo compassati, nella scarsa incidenza di Abraham, nella sofferenza dei ritmi avversari, nello spegnersi progressivo di Pulisic. Alla fine i giocatori di Xabi Alonso, oltre alla dea bendata, devono ringraziare quella quota di autostima che ancora manca a quelli di Fonseca, che allo specchio del fraseggio si rimirano fin troppo, per poi ritrovarsi con la camicia spiegazzata quando cominciano a camminare sul marciapiede della partita.
Vivacchia fino alla fine sopra quel golletto, evitabile, di Boniface il Bayer, mentre il Milan negli spogliatoi si porta tutta l’amarezza possibile che dà la sensazione di non avere quel soldino che completa la lira. Dopo i progressi in campionato, crediamo che Paulo Fonseca ora sappia un po’ di più che che il prossimo step da raggiungere è quello di una maggiore essenzialità, da chiedere a quegli stessi attaccanti dei quali sta mettendo a disposizione l’interpretazione delle partite. Buono tecnicamente, cosa che si sapeva, ora il Milan diventi anche spietato agonisticamente.
Paolo Marcacci