Si è già ampiamente richiamata l’attenzione sull’assurda posizione recentemente assunta dalla cosiddetta Capitana Carola Rackete, la quale, come sappiamo, si è recentemente espressa in maniera favorevole in relazione all’invio di armi a Kiev in vista dell’attacco contro la Russia di Putin. Carola Rackete, come sapete, è stata recentemente eletta europarlamentare in quota sinistra fucsia neoliberale.
Ci si è meno soffermati, tuttavia, sulle mendaci, ipocrite, proditorie ragioni addotte dalla capitana teutonica per giustificare la propria scelta, altrimenti davvero ingiustificabile. Ebbene, la capitana teutonica ha disinvoltamente asserito che è giusto supportare gli oppressi e dunque occorre, a suo giudizio, mandare le armi a Kiev a ciò che possa colpire, e dirò di più, aggredire, la Russia di Putin. Ora, in termini generali e astratti, la capitana teutonica ha perfettamente ragione, e la verità del processo sta nel servo e non nel signore, ed è dunque il servo che merita di essere supportato nella sua giusta lotta di liberazione.
E però, nel caso specifico, la posizione della sacerdotessa della sinistrash neoliberale è palesemente assurda e contraddittoria. Nel concreto diagramma dei rapporti di forza, chi sono infatti realmente gli oppressi? Questo significa pensare dialetticamente, cioè cogliere la logica concreta della realtà effettiva di volta in volta cangiante. Non dimentichiamo che questa non è la guerra della Russia contro l’Ucraina, come sempre ci viene raccontato ormai da due anni.
È invece la guerra della NATO e dell’Occidente, anzi dell’Uccidente liberale atlantista, contro la Russia di Putin, colpevole agli occhi di Washington di non piegarsi servilmente al nuovo ordine mondiale americano-centrico. sicché l’invio di armi a Kiev non è affatto un sostegno agli oppressi, come dice Carola Rackete, essendo invece platealmente un supporto fornito agli oppressori. Più precisamente, si tratta di un supporto dato alla guerra che la civiltà dell’hamburger sta conducendo contro la Russia, utilizzando Kiev come semplice instrumentum belli.
L’abbiamo detto e lo ribadiamo ad nauseam. Il guitto Zelensky, attore nato con la N maiuscola, prodotto in vitro di Washington se non di Hollywood, non sta lottando per la liberazione e l’indipendenza del suo popolo, sta invece sacrificando la libertà e la sovranità del suo popolo sull’altare dell’imperialismo a stelle e strisce. Possiamo ben dire, come già altra volta abbiamo detto, che, con la mossa della capitana teutonica, la sinistra arcobaleno ha definitivamente gettato la maschera.
Non soltanto essa supporta puntualmente e vergognosamente le battaglie del capitale contro il lavoro, chiamando progresso la demancipazione capitalistica. Adesso la New Left filobancaria e ultraliberista rivela di essere in tutto e per tutto dalla parte dell’imperialismo statunitense, ovviamente salutato come guerra giusta contro le dittature e i totalitarismi, secondo le grammatiche neoliberali, in auge, è ormai assimilate pienamente anche dalle sinistre neoliberali. Quelle sinistre neoliberali che, dimentiche di Marx e di Gramsci e nemiche delle classi lavoratrici, trovano nella capitana teutonica Carola Rackete una propria esponente di punta.
Come ho cercato di mostrare estesamente nel mio libro ‘Sinistrash’, la lotta per il lavoro contro il capitale e quella per la liberazione nazionale contro l’imperialismo sono storicamente i due capisaldi della sinistra rossa, quella rappresentata iconicamente dalla falce e dal martello. Ordunque, la sinistrash neoliberale padronale, rappresentata dalla risibile icona dell’arcobaleno dei capricci di consumo per ceti ambienti, ha preso definitivamente congedo da quei due capisaldi teorici e pratici, e si è consegnata integralmente alla celebrazione del capitale contro il lavoro e dell’imperialismo a stelle e strisce contro le lotte di liberazione nazionale. La situazione è tragica senza riuscire a essere seria ed è proprio per questo che la categoria di Sinistrash mi pare renda perfettamente l’idea.
Valgono allora davvero, in relazione al quadrante sinistro della politica occidentale, le parole dei sonetti di Shakespeare: “Più delle erbacce puzzano i gigli marciti“.
RadioAttività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro