“Un’idea viene quando vai dal barbiere, dal sarto. Tra un anno non ci sarà né uno né l’altro“.
Lo psichiatra e sociologo Paolo Crepet vede così il mondo dominato dall’intelligenza artificiale. In un’epoca in cui sempre più questo tipo di progresso ottiene consensi, è proprio dal dissenso e dal suo seme che deve partire la resistenza al mondo degli algoritmi.
Perché resistere? “Per non diventare robot”. Chiaramente in senso figurato, ma neanche troppo: “Prima di parlare occorre pensare, prima di pensare occorre leggere. Ormai non legge nessuno, ma tutti parlano, e la democrazia non vuol dire parole in libertà“.
La mancanza di idee è un buco che diventa terreno fertile per l’imperialismo dell’intelligenza artificiale nelle nostre menti. Come in quel famoso spot che incitava a chiedere all’assistente vocale una domanda di Storia, ma nulla è perduto.
“L’intelligenza artificiale si può ancora battere”. Come?
“Si tratta di un sistema che in fondo è conservativo. Niente più del gobbo che si trovata nei vecchi teatri: serviva a far seguire lo spartito. Carmelo Bene non seguiva lo spartito. Bisogna insegnare ai giovani a essere bastian contrari“.
Ascoltate l’intervista da Francesco Vergovich.
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