Nella settimana in cui tutte le italiane – meno il Milan – faticano in Champions, anche l’Inter si scopre stanca e vulnerabile. Anche perché lo Young Boys non sembra affatto quello che ne ha presi tre dall’Aston Villa e cinque dal Barcellona, e qui il teorema di Fabio Capello sugli altri che vanno al doppio rispetto alle italiane trova piena sponda.
Gli svizzeri danno fastidio fin dall’inizio alla squadra di Inzaghi, per cui la partita è già abbastanza difficile senza che Arnautovic fallisca dal dischetto l’opportunità concessa da Oliver. Ci pensa il palo a fermare Monteiro e diverse conclusioni alte sopra la testa di Sommer, il giusto preludio a ciò che sarebbe accaduto di lì a poco.
Le occasioni zampillano da entrambe le parti come fosse un match tra pari: Pavard salva su Virginius, Sommer su Lakomy, von Ballmoss su Bissek e così via. I nerazzurri danno a tratti la sensazione di non essere i soliti anche per quello che forse sta divenendo più un luogo comune che una verità: la panchina lunga delude in un match in cui è l’entrata di Dimarco che dà la spinta che serve a sinistra, mentre Taremi e Zielinski si fanno ipnotizzare dal portiere degli svizzeri.
Con il match quasi agli sgoccioli le squadre si allungano e la tattica somiglia più a uno scambio palla tennistico da una parte all’altra: qui pesano gli i nomi dietro la maglia, oltre il sacrificio.
Il cross di Dimarco trova pronta l’ennesima imbeccata di Thuram che vale tre punti d’oro al 92esimo, nonché l’iscrizione dell’Inter tra le candidate ad arrivare tra le prime otto. Ma la strada è lunga e, con Carlos Augusto in infermeria, forse la squadra un po’ meno.
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