L’Iran risponde a Israele lanciando 200 missili balistici verso Tel Aviv.
Dopo la morte del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, a opera di Israele, la tensione in Medio Oriente si è innalzata gravemente.
Tensione che si è trasformata nell’attacco iraniano di ieri sera: un morto palestinese a Gerico colpito dai razzi secondo i media.
L’Iran ha dichiarato “lo stato di guerra” contro Israele e contro chiunque dovesse sostenere Netanyahu.
Mentre fonti americane riportano che metà dei missili sono stati distrutti, l’Iran fa sapere di aver mirato solo “le basi militari e di sicurezza del regime sionista”. Il premier israeliano promette: “L’Iran pagherà”.
Intanto tutto il mondo si chiede cosa faranno gli Stati Uniti, soprattutto dal prossimo esecutivo.
Infatti, se la parte repubblicana statunitense è per la maggior parte filoisraeliana, la sponda dem sembra essersi spaccata.
Stefano Graziosi, giornalista de La Verità, ha spiegato perché da Francesco Borgonovo.
“Sappiamo che l’elettorato repubblicano in larga maggioranza è abbastanza graniticamente filoisraeliano, quindi non c’è una grossa dialettica interna su questo punto, c’è abbastanza consenso. Il problema sorge invece per elettorato democratico che è spaccato fortissimamente tra un’ala filoisraeliana e un’ala filopalestinese. Quest’ala filo palestinese ha una forte influenza in determinati Stati chiave come per esempio il Michigan, il Wisconsin, sostanzialmente la Rust Belt. E’ riunita in un comitato, un’organizzazione: il cosiddetto “Uncommitted National Movement”, pur criticando ferocemente Trump, ha detto che non darà il suo appoggio alla Harris. E questo per la Harris è un grosso problema elettorale perché questo è un elettorato storicamente di sinistra, e la Harris se vuole vincere Michigan e Wisconsin non può permettersi delle defezioni a sinistra, altrimenti fa la fine di Hillary Clinton nel 2016“.