E’ stato già ufficializzato da diverse settimane il fatto che Elon Musk, il patron di Twitter, uno degli uomini più ricchi sulla faccia della Terra, si candida con Donald Trump in vista delle elezioni americane ormai davvero vicine. Elezioni con le quali, come è noto, Donald Trump sfiderà Kamala Harris, l’esponente di punta del neoliberismo progressista arcobaleno. Trump ha già garantito che affiderà a Elon Musk un posto di prestigio nel suo eventuale governo e, per parte sua, il magnate del capitale Musk sta generosamente finanziando la campagna elettorale del codino biondo che fa impazzire il mondo. Nei giorni scorsi Musk si è presentato al fianco di Donald Trump in un comizio elettorale e ha preso la parola. Occupy Mars, ovvero occupare Marte. Questo il tema portante della sua campagna elettorale, espresso al cospetto del pubblico da Elon Musk mentre indossava un cappellino da baseball perfettamente in linea con lo stile cool, trendy e liberal libertario proprio della globalizzazione turbo-capitalistica.
Dunque, il programma del milionario statunitense si condensa intorno al progetto di occupare Marte. Un tema evidentemente decisivo per le masse nazionali popolari, che letteralmente faticano ad arrivare a fine mese. Un tema chiaramente in grado di risolvere tutti i problemi più urgenti del nostro presente, dalla miseria sempre crescente alle guerre che insanguinano spietatamente il mondo. Perché mai Musk vuole occupare Marte? Come se l’imperialismo a stelle strisce non avesse già occupato abbastanza spazi in giro per il mondo, naturalmente sempre con bombe umanitarie, missili democratici e imperialismo etico.
Siamo ormai alla fase suprema di un imperialismo che non si accontenta nemmeno più del pianeta Terra e ora guarda all’intera galassia, prospettando la possibile occupazione di Marte? Potrebbe essere una chiave ermeneutica. Ma potrebbe esservene anche un’altra, niente affatto trascurabile. Forse la classe multimilionaria di cui Musk è parte, gli happy few della globalizzazione infelice, aspira in un futuro nemmeno troppo remoto a trasferirsi sul pianeta Marte, per mancare ancora di più la distanza abissale rispetto al popolo degli abissi, schiacciato dal tallone di ferro del potere neoliberale, per riprendere le efficaci categorie di Jack London.
Insomma, si tratta forse di una secessione patrizia in grazia della quale i più ricchi del pianeta aspirano a separarsi completamente dalle masse nazionali popolari, addirittura trasferendosi su un altro pianeta? In questo caso, mentre i milionari andrebbero a vivere fastosamente su Marte, le masse ilotizzate e riplebeizzate rimarrebbero isolate, per così dire, sul pianeta Terra. quasi come se ormai si trattasse di due generi di umanità diversi e senza rapporto alcuno. Ciò peraltro è perfettamente in linea con una globalizzazione turbo-capitalistica che, facendo crescere sempre più le asimmetrie, fa sì che gli ultimi non appartengano nemmeno più alla stessa umanità dei primi. Si tratterebbe allora, per così dire, di un aggiornamento postmoderno di Metropolis di Fritz Lang, ove, come è noto, il proletariato era condannato a vivere sottoterra, nella miseria e nell’isolamento più totali. Ora, invece, il nuovo proletariato, precarizzato e senza più alcuna dignità, si troverebbe condannato a vivere sul pianeta Terra, mentre loro, i padroni, si trasferirebbero con una specie di secessione patrizia su Marte. Non è davvero da escludere che il milionario di Twitter pensi realmente a questa possibilità, peraltro coerente con i disegni della classe capitalistica transnazionale e con la sempre più palese demofobia che la caratterizza. Per demofobia intendiamo appunto l’odio che i super ricchi plutocrati no border mostrano e provano quotidianamente per le masse nazionali popolari.
Radioattività con Diego Fusaro