Manca sempre un soldo per fare una lira, Lorenzo. Un incipit a cuore aperto per dire che anche quando sembra girare per un verso decorosamente giusto, qualcosa s’inceppa, in un modo o nell’altro. La sua partita contro il Belgio non era iniziata male, in un Olimpico un po’ meno astioso, rispetto a come si mostra quello vestito di giallorosso negli ultimi tempi quando il suo volto compare sullo schermo. Un po’ meno, ma non del tutto, anche se i fischi si sentiranno sempre più degli applausi.
Non è questione di fortuna o sfortuna, anche se è lampante che anche quando produce qualcosa di apprezzabile, gli eventi non lo premiano; è un po’ la storia della Legge di Murphy, o della teoria del piano inclinato: tutto ciò che per lui può peggiorare, in questo momento peggiora, allo stesso modo in cui la famigerata biglia prende velocità.
Nel momento della piena maturità calcistica, perlomeno a livello anagrafico, il frangente di carriera più duro da attraversare, a un livello di gradimento prossimo allo zero, soprattutto dentro casa sua, che fa male il doppio.
Il fallo su Theate è plateale, ingenuo, un bel po’ gratuito ma soprattutto, a rifletterci, un po’ scontato: come se una contrarietà prima o poi Pellegrini in questo periodo debba andarsela a cercare. Lui che ormai, per quanto riguarda il trattamento che riceve, quando gioca lontano da Roma è in trasferta, ma quando gioca nella sua città è più che mai fuori casa. Non solo per via di metafora. Con le aggravanti che pesano sulle sue maglie: la fascia da capitano in giallorosso, il numero dieci in azzurro.
La conclusione più amara potrebbe cominciare a coincidere, allora, con il consiglio più saggio: andare a giocare altrove, dove sarebbe considerato soltanto in ragione del suo livello tecnico, indiscutibile per chi giudica con obiettività; senza gli orpelli della dietrologia che lo circonda, senza che ogni prestazione debba essere vivisezionata, senza che il suo composto atteggiamento debba sempre essere scambiato per mancanza di carattere.
Meglio andar via, se indipendentemente da come gioca o dagli errori che commette a Roma deve esser trattato come Di Canio o Balotelli.
Paolo Marcacci