PNRR, questo è lo scambio: pagare e indebitarci per fare dei progetti che non ci servono

Nel secondo incontro bilaterale tra la Confindustria e la Confederazione degli Industriali Spagnoli, i Presidenti Orsini e Garamendi hanno sottolineato l’urgenza di creare un fondo europeo per la competitività che sarebbe volto a realizzare progetti di investimento congiunti tra stati membri.

Tra le priorità che sarebbero emerse vi sarebbe la revisione della scadenza del PNRR oltre il 2026 per garantire una spesa più efficiente dei fondi del Next Generation dell’Unione Europea. Cioè, tradotto, visto che è un fallimento, rinviamolo per spendere. Inoltre, è stata ribadita la necessità di ridurre la complessità normativa per le imprese europee in particolare sugli appalti pubblici, ma va, e accelerare le procedure di autorizzazione nel settore energetico per abbassare i costi.

Le due Confindustria hanno anche chiesto delle misure per sostenere l’integrazione del mercato energetico europeo, ma che bello, e promuovere il Clean Industrial Deal, che belle parole, oltre a favorire un utilizzo più efficace dei fondi pubblici e una maggiore cooperazione pubblico-privato.
Le due organizzazioni industriali hanno ribadito l’importanza di un nuovo asset di debito comune dell’Unione Europea, che meraviglia il debito comune, per finanziare progetti chiave come le edilizie abitative e la ricerca, e di un dialogo permanente tra imprese e istituzioni per mantenere la competitività dell’Unione Europea. Il PNRR potrebbe essere a ben guardare, essere visto come una sorta di versione riuscita del MES, come dire non c’è mai limiti al peggio.

Ci si vincola a un debito che finisce per finanziare progetti di cui spesso non abbiamo realmente bisogno, in cambio di riforme che invece sicuramente ci penalizzeranno nel lungo termine. Ecco, questo è lo scambio. Pagare, indebitarci per fare dei progetti che non ci servono per avere delle riforme che in cambio ci penalizzeranno.

Insomma, essere il paese che ha accettato le condizioni più sfavorevoli non dovrebbe essere un motivo di orgoglio, ma uno spunto per ripensare il nostro approccio alla gestione delle risorse del riforme. Queste cose le leggiamo dal Sole24Ore, ma quello che a me preme osservare è che nessuno si ponga la domanda del «ma non è tutto da buttare a mare». Ma questo discorso della finanza agevolata, così come io la conosco da trent’anni, sono stato in Commissione Finanza, in Commissione Politica Comunitaria alla Camera, sono trent’anni che sento queste stupidaggini e sono trent’anni che gli industriali continuano ad abbassare la testa e a non chiedere l’unica cosa che dovrebbero chiedere, essere padroni delle risorse che producono le imprese e non fare gestire le risorse da burocrati delle istituzioni pubbliche che sono pagati per prendere il comando.

Malvezzi Quotidiani – L’Economia Umanistica spiegata bene con Valerio Malvezzi