Cambia il direttore ma non la rotta: Repubblica rimane il peggior esempio di giornalismo moderno

E’ stato annunciato in questi giorni un cambiamento di direzione presso i vertici del rotocalco turbomondialista, voce del padronato cosmopolitico La Repubblica. Maurizio Molinari lascia il suo posto di direttore, rimanendo in qualità di editorialista. Il nuovo direttore del quotidiano degli Elkann è Mario Orfeo, persona che, nonostante il cognome circense, è di massima serietà ci assicurano.

In forza di questo mutamento, cambierà anche la direzione del rotocalco turbomondialista? E’ una domanda doverosa che non possiamo esimerci dal porre e dal porci. Ne dubitiamo sinceramente. Come sappiamo, infatti, la Repubblica rappresenta ad oggi l’organo perfetto di diffusione del pensiero unico politicamente e geopoliticamente corretto.

La Repubblica svolge in maniera inappuntabile la parte di gran cassa dell’ordine simbolico dominante e funzionale ai rapporti di forza del capitalismo americano centrico globalizzato. Tutti i capisaldi dell’ordine simbolico-egemonico vengono quotidianamente diffusi e rinsaldati, urbi et orbi, dal rotocalco degli Elkann. Atlantismo imperialistico e celebrazione del capitalismo globalizzato, difesa a oltranza del liberismo progressista e dell’ideologia arcobaleno-wokista, per menzionare solo alcuni dei punti saldi dell’ordine simbolico vigente.

Non bisogna mai porre limiti alla provvidenza, è vero, ma in questo caso ci pare davvero difficile immaginare un cambiamento di traiettoria presso la redazione del rotocalco turbomondialista La Repubblica. Come usa dire, in termini colloquiali, cambia il direttore ma si continua a suonare la medesima musica, che peraltro risulta essere una musica decisamente cacofonica, perché sempre giustifica i rapporti di forza dominanti e ogni giorno più asimmetrici.

Insomma, la Repubblica, anche con Orfeo, continuerà verosimilmente a fare quel che fa da anni con zelo: a difendere cioè sempre e comunque l’ordine della globalizzazione imperialistica, demonizzando e ostracizzando chiunque osi sottoporre la critica. Sotto questo riguardo, come non mi stanco di sottolineare, Repubblica rappresenta al meglio la funzione del clero giornalistico contemporaneo.

Il capitalismo dominante oggi conosce la presenza di un vero e proprio clero, che non è più il vecchio clero medievale, demansionato e oggi ridotto tutt’al più alla benemerita funzione di assistenza degli ultimi. Il nuovo clero, postmoderno e composto soprattutto da intellettuali e giornalisti che parlano di tutto e non credono in nulla, non si rivolge più al Dio dei Cieli. Al contrario, celebra sempre e solo il Dio della Terra, ossia il capitalismo americano centrico, la globalizzazione neoliberale.

Insomma, la funzione del clero, di cui Repubblica offre uno splendido esempio, è quella di fare in modo che gli ultimi, anziché maturare progetti poco conformistici di trasformazione del mondo, accettino di buon grado, con resilienza e magari anche con ebete euforia, il dominio che quotidianamente subiscono. Questa è in fondo una delle parti fondamentali del giornalismo contemporaneo di cui Repubblica offre, ripeto, un magnifico esempio. Spiegare ogni giorno la splendente razionalità di ciò che le masse patiscono sulla loro carne viva.

Ecco allora che i giornalisti nichilisti quotidianamente celebrano le bontà della globalizzazione e dell’immigrazione di massa, dell’Unione Europea e dell’imperialismo etico made in USA, facendo in modo che gli ultimi, anziché ribellarsi, accettino le proprie catene e magari anzi si battano in loro difesa contro ogni eventuale liberatore. L’immagine che meglio spiega questa situazione è sempre quella della caverna di Platone, in cui gli ottenebrati dell’antro, anziché maturare propositi di fuga, si battono puntualmente in difesa delle loro catene, da che sono stati persuasi circa il fatto che quello in cui vivono è il migliore dei mondi possibili, nonché il solo.

RadioAttività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro