Anglicismi superflui: 10 parole inglesi che potremmo tranquillamente dire in italiano | Con Alessia Giandomenico

L’italiano contemporaneo sta vivendo una fase di crescente anglicizzazione, con un afflusso di termini inglesi che sta assumendo proporzioni senza precedenti. Questo fenomeno, iniziato timidamente nell’Ottocento, ha subito un’accelerazione esponenziale a partire dal secondo dopoguerra, raggiungendo il suo apice negli anni Duemila.

Secondo recenti studi, il numero di anglicismi non adattati presenti nei principali dizionari italiani è aumentato drasticamente negli ultimi decenni. Ad esempio, il dizionario GRADIT ha registrato un incremento del 39,53% di anglicismi non adattati tra il 1999 e il 2007, passando da 4.300 a 6.000 termini. Questo trend è confermato anche da altri dizionari come lo Zingarelli e il Devoto-Oli.

Gli anglicismi che entrano nella lingua italiana presentano alcune caratteristiche distintive: a differenza di prestiti da altre lingue, come il francese, gli anglicismi tendono a mantenere la loro forma originale, senza subire adattamenti grafici o fonetici.
Grazie ai media e alla globalizzazione, i nuovi termini inglesi si diffondono rapidamente nel lessico italiano, alcuni ambiti, come la tecnologia, il business e i social media, sono particolarmente ricchi di anglicismi.

L’uso massiccio di anglicismi sta avendo ovviamente un impatto significativo sulla lingua italiana.
Per alcuni, gli anglicismi rappresentano un modo per arricchire e modernizzare la lingua, altri temono che l’eccessivo uso di termini inglesi possa portare a una forma di “itanglese”, compromettendo l’integrità della lingua italiana.

Mentre alcuni vedono in questo processo un naturale evolversi della lingua, altri, come l’Accademia della Crusca, mettono in guardia contro un uso eccessivo e superfluo di termini inglesi.
Molto spesso i termini inglesi si appropriano della lingua italiana anche quando è totalmente superfluo: non è difficile imbattersi nelle parole “call” o “meeting” in ambito lavorativo, ma è altrettanto semplice sentire anche termini più ricercati come “crunchy” (per dire “croccante”), o “too much” (per dire “molto”).

Ci sono un bel po’ di anglicismi superflui che ormai sfuggono perfino alle nostre orecchie: ne abbiamo visti diversi insieme alla creatrice di contenuti web Alessia Giandomenico | Il Salvalingua