L’Europa si trova di fronte a una contraddizione evidente. Da un lato, registra importanti avanzi commerciali: l’Italia, ad esempio, nei 12 mesi fino ad agosto 2024 ha ottenuto un surplus di 59 miliardi di euro, quasi il 3% del PIL. Dall’altro, però, emerge una denuncia crescente di perdita di competitività. Ma come può un continente con numeri simili trovarsi in difficoltà sui mercati globali?
Il problema sembra risiedere altrove: non tanto nella capacità di esportare, quanto nella distruzione del mercato interno e della domanda effettiva, compromessa dalle politiche economiche europee. La crescita, quindi, non può basarsi esclusivamente sull’export, ma deve fondarsi su consumi e investimenti interni, per rendere sostenibile l’intera economia continentale.
Un esempio significativo è la Germania, dove dal 2010 sono stati persi 650 miliardi di capitali investiti all’estero, mentre colossi come Siemens e Volkswagen preferiscono aprire stabilimenti in Cina o negli Stati Uniti. Le cause principali di questa crisi strutturale risiedono nei costi energetici elevati, derivati dalle politiche green, e nella pesante burocrazia europea.
Questo modello, incentrato sull’export e sulla compressione della domanda interna, risulta insostenibile nel lungo termine. È paradossale che, mentre si parla di sostenibilità e crescita inclusiva, si ignorino le difficoltà economiche delle famiglie e delle imprese europee. Forse, una revisione radicale, inclusi possibili dazi, potrebbe rappresentare un’opportunità per rilanciare la domanda interna, vera chiave per una crescita equilibrata.
Tuttavia, molti imprenditori, stanchi di aspettare risposte dalla politica, cercano soluzioni indipendenti per prosperare, come dimostra il mio lavoro di consulente strategico. Per chi volesse approfondire, può visitare il mio sito, valeriomalvezzi.it, per scoprire come salvaguardare e rilanciare il proprio business.
Malvezzi Quotidiani – L’economia umanistica spiegata bene con Valerio Malvezzi