Il tentativo di scalata di Unicredit su Commerzbank sembrerebbe ormai impantanato, complice la crisi politica tedesca e le manovre difensive della banca tedesca che valuta l’acquisizione di una banca di medie dimensioni.
Il governo tedesco, che è detentore del 12% di Commerzbank, è sotto pressione elettorale. Difficilmente approverebbe la cessione del mercato bancario a un gruppo straniero come per esempio Unicredit. Un altro freno deriva dalle incertezze legate al Fondo di risoluzione unico europeo che vale 87 miliardi di euro, e viene ritenuto insufficiente per affrontare una eventuale crisi di un’entità bancaria così grande come la combinazione tra Unicredit e Commerzbank. Il mancato progresso della riforma del MES, che potrebbe aggiungere un paracadute di altri 68 miliardi di euro, peggiora il quadro della trattativa. Tuttavia, anche con l’eventuale ratifica del MES, il voto italiano sarebbe cruciale e non garantito, data la scarsa convenienza per l’Italia a intervenire per salvare attivi bancari che sono prevalentemente tedeschi.
Ora, la riforma del MES probabilmente non risolverebbe il problema strutturale della insufficienza del meccanismo di risoluzione per le crisi bancarie su larga scala. E questo conferma che la questione non è tanto e soltanto la mancata ratifica del MES, quanto l’inadeguatezza delle misure europee per gestire situazioni di questo tipo. Ma soprattutto questo documenta il fatto che ormai l’Unione Europea è un posto nel quale si parla solo di finanza per la finanza. Di grandi imprese, di fusioni bancarie.
Non si parla più di piccola e media impresa, che nel nostro caso sarebbe il vero interesse strategico, perché ricordo a tutti che le aziende italiane sono al 99% piccole, micro e medie imprese. L’1% sono grandi imprese.
Ecco quanto è strategico per noi parlare di questo, cioè di tutt’altro.
Malvezzi Quotidiani, comprendere l’economia umanistica con Valerio Malvezzi