L’allarme lanciato dagli industriali sul fallimento degli incentivi per gli investimenti della transizione cosiddetta “5.0” continua a crescere. Alessandro Spada, presidente di Assolombarda, ha ribadito il problema durante l’assemblea a Milano. Spada ha evidenziato che finora sono stati richiesti milioni di euro in crediti d’imposta di cui 45 milioni fruibili: molto lontano (enormemente lontano, abissalmente lontano) dai 6,3 miliardi stanziati.
Le cause? Una burocrazia pazzesca, delle tempistiche inadeguate, delle procedure tecniche complicatissime. Gli incentivi devono essere utilizzati entro il 2025 ma gli ordini, la produzione e la consegna dei beni avanzati richiedono più tempo. Il presidente di Assolombarda ha proposto la creazione di una task force per semplificare il processo e facilitare il decollo della misura, altrimenti si rischia di perdere i fondi.
Il ministro delle imprese e del Made in Italy, l’onorevole Adolfo Urso, ha mostrato un’apertura, affermando che la misura potrebbe essere modificata. Il settore bancario ha segnalato ritardi negli investimenti correlati, aggravando ulteriormente la situazione. Insomma, questa vicenda dimostra che i rischi dei fondi europei – che io vi ricordo non esistere, visto che sono fondi italiani che noi diamo all’Europa con garanzie o pagandoli con interessi – nonostante le grandi aspettative sono accompagnati da vincoli severi, e trasformano la meravigliosa pioggia di miliardi dell’Europa in un abisso di burocrazia dove l’unico incentivo che decolla è quello delle scartoffie degli uffici pubblici che li controllano.
Ma tranquilli, abbiamo ancora tutto il 2025 per osservare il fallimento di questa ennesima misura europea. Mi occupo di agevolazioni pubbliche da 30 anni quasi, da quando ero in Commissione Finanza e poi in Commissione Politica e Comunitaria alla Camera. E poi ho fatto circa 10-15 anni di consulenza in enti pubblici e privati.
Lo facevo prima di capire questo, tanti anni fa. Che era folle questo meccanismo, e oggi fortunatamente sono contento di fare consulenza strategica alle imprese. Tra poco farò una consulenza ad un’impresa italiana: non parleremo di fondi pubblici, ma di fare le scelte strategiche, a prescindere dall’aiuto pubblico. Perché io sono ormai convintissimo che le imprese che sopravviveranno nei prossimi anni non saranno quelle che avranno fiducia nella burocrazia, ma quelle che avranno fiducia in sé stesse.
Malvezzi Quotidiani, comprendere l’economia umanistica con Valerio Malvezzi