Michele Santoro e il palinsesto Rai ▷ “Mai un contraddittorio! E paga le favolette in prima serata”

Assistiamo ormai a decine di dibattiti sul servizio pubblico. Confronti in cui in sottofondo – in lontananza – si percepisce a malapena la concezione di cosa sia effettivamente un servizio pubblico. Prima era chiaro. Lo era fin nei primi anni 2000: non una favoletta alla “quando si stava peggio”, ma un’evoluzione nel nostro modo di concepire la TV di Stato fortemente drogata dalle piattaforme a pagamento. Si è smarrita la concezione della Rai come TV di tutti, si sono perse le battaglie per rendere il palinsesto davvero pluralista. Diventa così la Rai dei partiti e fortemente illibata di potere. Per uno che è stato uno dei capisaldi, questo è oggi il ritratto. Michele Santoro ne ha tracciato le pennellate così da Francesco Vergovich:

“Che cos’è il servizio pubblico? È quello che il privato non mi può dare, no? Cioè, se il privato mi fa i reality, il servizio pubblico dovrebbe fare altro, non dovrebbe darmi quello che il privato spontaneamente mi dà.
E, inoltre, oltre a darti quello che il privato non ti dà, il servizio pubblico dovrebbe essere non meno indipendente rispetto agli altri, ma più indipendente, l’operatore del servizio pubblico dovrebbe essere quello sottratto a qualunque pressione di qualunque tipo, di mercato, della politica etc. Purtroppo si fa della RAI uno strumento fondamentalmente di propaganda del potere, c’è una identificazione della RAI con il potere e questo secondo me è peggiorato col fatto che noi non paghiamo l’abbonamento, non lo paghiamo individualmente, lo paghiamo nelle bollette, che sarebbe dire come subirlo con una tassa e basta. Quando invece noi lo andavamo a pagare, dovevamo fare il famoso bollettino, allora o cercavamo di evadere oppure ci ribellavamo e ci incazzavamo perché la programmazione non era quella che noi ci aspettavamo: sentivamo comunque la RAI come una questione che riguardava tutti noi.

Ora ci hanno separato dalle vicende della Rai, siamo diventati indifferenti e questo è diventato facile gioco poi per Netflix e per le televisioni a pagamento in generale per affermare la loro superiorità dal punto di vista dei contenuti. Quindi adesso, per liberarci di un’offerta che tutto sommato troviamo più stucchevole, più vecchia, ci rifugiamo poi nelle altre televisioni, dove guarda caso non c’è quello che c’è in Rai. Tutto in Rai si traduce col buonismo adesso, per esempio pensiamo alla questione dei migranti: se tu guardi i programmi della Rai non c’è mai un contrasto, non c’è mai un conflitto, il migrante è sempre innocente, accusato ingiustamente prima e poi assolto grazie a Don Matteo dopo. Questo è un po’ il cappuccetto rosso che ci racconta ogni sera la Rai, che ovviamente però è distante dalla realtà che i cittadini vivono. Quindi vivono la Rai un po’ come una favoletta consolatoria dal punto di vista della fiction, poi invece apri le altre piattaforme e trovi sesso, droga, qualunque cosa che è proibita da quest’altra parte.
Adesso sta cadendo un po’ anche questo e ecco che in chiaro rimaniamo prigionieri della spazzatura americana, perché poi in Italia vengono tanti di quei prodotti che fanno un po’ schifo, diciamoci la verità: corpi maciullati, reality fatti con quelli che devono dimagrire, pornografia del corpo in un’altra versione, ma anche dei sentimenti. Cose che sono insopportabili e che meriterebbero una ribellione, come merita una ribellione l’algoritmo che ti indirizza a consumare quello che dicono loro”.