Sarebbe a rischio, dopo la vittoria in America di Donald Trump, la proposta di legge australiana sulla disinformazione online.
Questo è ciò che si dice in Senato. L’Australia di Anthony Albanese sta lavorando da mesi su un disegno legge che consenta una stretta da non poco sull’informazione nei social. Per il premier infatti sono le “grandi responsabilità” delle piattaforme a imporre che venga eseguito un controllo sulla disinformazione altrettanto responsabile. Ma il nodo è sempre lo stesso: quali sono i criteri per capire se un concetto espresso è oppure no disinformazione? Si vuole tracciare una linea tra verità e non verità? Elon Musk ha avuto le idee molto chiare sul tema.
“Questo è il fascismo di sinistra”, ha commentato su X dopo aver scoperto che in Australia si lavora per imporre multe fino al 5% dei ricavi globali delle piattaforme che non hanno impedito la cosiddetta “disinformazione”. Una situazione a cui abbiamo già assistito in Europa e in Brasile.
Qualcosa potrebbe però rallentare o addirittura fermare definitivamente la stretta.
“Pensi che possa influire negativamente sull’AUKUS?“, chiede in aula il Senatore Malcolm Roberts a Brian Marlow, di CitizenGo, comunità internazionale che sostiene la maggiore partecipazione dei cittadini nella politica. “Sì, assolutamente”, risponde Marlow.
L’AUKUS infatti è l’alleanza per il Pacifico tra Australia, Gran Bretagna e Stati Uniti d’America.
Il Senatore Roberts sospetta che una proposta di legge sulla disinformazione online come quella australiana non sarebbe ben vista dalla nuova presidenza. “J.D. Vance ha annunciato che gli USA penalizzeranno le nazioni che adotteranno misure come quelle contenute in questo disegno di legge“. Motivo per cui, dice Marlow, la proposta sarebbe così “destinata a morire“.
Guarda qui l’intervento in Senato.
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