Leggiamo sul Fatto Quotidiano, unico giornale in Italia a essere disallineato rispetto alla propaganda di guerra ovunque dominante, che la Russia ha multato Google per tantissimi dollari, una cifra davvero nemmeno dicibile, poiché supera decisamente il PIL mondiale. La decisione è stata presa in ragione del fatto che YouTube si è rifiutata di ripristinare ben 17 profili chiusi in quanto considerati filo Cremlino. Insomma, sono stati chiusi per le ben note ragioni della censura digitale oggi imperante, nei cui spazi desertici e reificati i cosiddetti fact-checkers svolgono la lugubre parte di censori postmoderni.
Sicché la cosiddetta lotta contro le fake news non è altro che la nuova censura, che considera appunto fake news – e conseguentemente ostracizza – e silenzia tutte le visioni disallineate rispetto a quella dominante, ritenuta l’unica vera e ammissibile. Insomma, sostenere una prospettiva divergente rispetto a quella dell’imperialismo di Washington viene liquidato come fake news tanto quanto sostenere che 2 più 2 fa 5 o che la terra è piatta. Questo già dovrebbe far riflettere molto sull’inganno pervicace della cosiddetta lotta contro le fake news. Lotta che maschera come scientifico un progetto puramente politico di criminalizzazione del dissenso.
Insomma, l’igiene verbale e concettuale serve solo, in verità, a imporre un ordine simbolico dominante in cui ogni dissenso venga neutralizzato come fake news.
L’altro aspetto su cui vale la pena portare l’attenzione concerne la potenza dello Stato sovrano nazionale, nel caso specifico della Russia di Putin.
Lo Stato sovrano nazionale si pone come superiorem non recognoscens, scriveva agli albori della modernità Jean Bodin nei suoi sei libri dello Stato. Dunque, lo Stato è tale da governare e, all’occorrenza, da punire l’economia allorché essa compia malefatte, come nel caso specifico di cui stiamo qui discutendo.
Nell’Occidente, o meglio, nell’Uccidente liberal-atlantista, a differenza di quel che accade in Russia o in Cina, l’economia, con il suo peculiare fanatismo, è riuscita a disarticolare la potenza dello Stato sovrano nazionale. Cosicché oggi si pone essa stessa come superiorem non recognoscens. Nell’Uccidente liberal atlantista dopo il 1989 si è effettivamente rovesciato il rapporto tra Stato e mercato, tra politica ed economia.
La politica e lo Stato sono stati resi subalterni all’economia e al mercato. Con l’ovvia conseguenza, sotto gli occhi di tutti, per cui il mercato con il suo fanatismo impone le proprie leggi agli stati stessi e produce oltretutto l’inedita figura della privatizzazione e della censura, come già sta avvenendo con le cosiddette reti sociali. Reti sociali che, con tutta evidenza, pongono nuovamente in essere il principio medievale per cui quod principi placet vigorem habet legis, ossia “quel che piace al principe guadagna il vigore di legge”.
D’altro canto, come da più parti è stato sottolineato, stiamo vivendo a tutti gli effetti un nuovo feudalesimo, un tecnofeudalesimo digitalizzato che produce il potere assoluto del principe privato delle piattaforme sociali e delle multinazionali, un tecnofeudalesimo che produce nuove masse riplebeizzate che subiscono senza dignità e senza diritti, un tecnofeudalesimo che si impone come un vero e proprio impero della finanza globale. Non possiamo che guardare con rispetto, conseguentemente, alla decisione della Russia, la quale Russia impartisce ora una bella lezione ai padroni del web e dimostra, una volta di più, l’importanza fondamentale e imprescindibile dello Stato sovrano nazionale come fortilizio di resistenza al fanatismo dell’economia globalizzata.
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