Né stupidità, né disinformazione, né rozzezza: cari giornaloni, ecco perché ha vinto Donald Trump

La vittoria su tutta la linea di Donald Trump nelle recenti elezioni statunitensi ha mandato letteralmente in tilt il sistema mediatico dominante, anche detto mainstream. Detto sistema, proprio come nel 2016, si era speso pressoché integralmente per supportare la candidata democratica, ma il termine fu più orwellianamente impiegato, Kamala Harris. Di più, l’aveva data ampiamente in testa rispetto al suo avversario, proponendo la sua vittoria come cosa pressoché certa e indubitabile.

E invece, proprio come nel 2016, ha trionfato Donald Trump, rivelando la sempre più palese incapacità del sistema mediatico dominante di manipolare fino in fondo le coscienze dei sudditi dell’impero della finanza globale. Tra le reazioni più scomposte dell’ordine simbolico gestito dagli araldi del pensiero unico politicamente e geopoliticamente corretto, si segnala indubbiamente quella di Repubblica, rotocalco turbomondialista e voce del padronato cosmopolitico.

In un suo surreale intervento, così ha scritto letteralmente Michele Serra: “Trump è il capo patologico di un elettorato per metà incapace di accorgersene, per metà entusiasta di votarlo, perché è patologico a sua volta“. Risulta davvero un modo discutibile di affrontare il tema politico e di fare giornalismo, quello per cui si dà del patologico a Trump e a chi lo vota.

Si tratta, per dirla con il vecchio Lukács, dell’ennesima prestazione della distruzione della ragione. Una distruzione tale per cui l’interpretazione razionale dei fatti cede improvvidamente il passo al livore irrazionale della patologizzazione. La razionalità dei fatti storici viene spodestata dalla presunta follia attribuita arbitrariamente a chiunque non segua le orme prestabilite dell’ordine mentale liberal-progressista.

Anziché provare a spiegare razionalmente perché gli americani abbiano scelto, a torto o a ragione, Donald Trump e non si siano lasciati persuadere dal progetto proposto dal Partito Democratico, Michele Serra e il Partito di Repubblica seguono la via dell’irrazionale, ed è la conseguente patologizzazione di un’intera categoria di esseri umani, giudicati alla stregua di una stultifera navis di matti e populisti, incapaci di aderire alle magnifiche sortite progressive della globalizzazione arcobalenico-progressista.

A onor del vero, queste maldestre accuse dicono poco degli accusati e moltissimo degli accusatori. Ricorderete sicuramente quando nel 2016 anche la giornalista Giovanna Botteri si lasciò andare a considerazioni analoghe in relazione alla imprevista vittoria di Donald Trump su Hillary Clinton.
Ebbene, la giornalista Botteri, al cospetto della sconfitta della Clinton, dichiarò programmaticamente che i giornalisti non erano più in grado di incidere sull’opinione pubblica e che dunque, aggiungiamo noi, il popolo votava altrimenti. La verità, non detta perché non dicibile, è che Donald Trump, che certo non rappresenta un’alternativa all’ordine liberale imperialista dominante, del quale egli è espressione, sia pure in forma anomala, è stato scelto come tutto sommato preferibile rispetto alla posizione delirante ed estrema del Partito Democratico. Posizione rispetto alla quale il codino biondo che fa impazzire il mondo risulta tutto sommato, se vogliamo dire così, più moderato.

Questo e non altro, a mio giudizio, è il motivo del trionfo, peraltro ampiamente prevedibile per più versi, di Donald Trump.

RadioAttività, lampi del pensiero quotidiano – Con Diego Fusaro