“Telecamere in casa? Ecco perché i vostri figli non sono al sicuro”

Le telecamere che installate in casa per controllare il vostro bambino o la vostra stanza, magari senza saperlo, potrebbero essere guardate anche da qualcun altro. Forse in questo momento, qualcuno a Hong Kong, in Cina, in Giappone o a Bali sta osservando ciò che accade nella vostra casa. Spesso ci si entusiasma pensando: “Che comodità! Posso vedere la camera del mio bambino o la mia casa mentre sono fuori con gli amici!” Certo, è utile, ma sappiate che quelle immagini non le state guardando solo voi.

Per accedere a quelle riprese, la telecamera che avete acquistato a 10, 15 o 20 euro, spesso a un prezzo sorprendentemente basso, è collegata a un server. E questo non è un caso: ci sono logiche precise dietro. Perché costa così poco? Domandatevelo. Anche l’applicazione che vi permette di controllare le immagini da remoto è parte di un sistema che rende quella telecamera parte di un circuito di controllo molto più ampio.

Forse qualcuno potrebbe dire: “A me non importa, non ho nulla da nascondere”. Ma davvero? Quando siete a casa vostra, nella vostra intimità e nella vostra privacy, avete sicuramente qualcosa di riservato che merita di restare tale. Anche solo per una questione di pudore personale o rispetto della propria sfera privata.

C’è chi replica: “Ma non è proprio così, non esageriamo.” Invece è così. Nel momento in cui i dati finiscono sui server di un’azienda, magari cinese o di un altro paese, non avete più il controllo su di essi. E voi che ne sapete di cosa fanno con quelle immagini? Intanto gliele state inviando. Inoltre, quei server si trovano in altre giurisdizioni, con leggi e regole diverse dalle nostre. Se già è difficile garantire certe tutele qui, figuriamoci quando i dati finiscono in un altro paese.

E questo discorso non vale solo per le telecamere, ma per tutto il resto, comprese le password. Avete presente le grandi aziende che offrono servizi cloud per gestire tutte le vostre password? “Che comodità!” dicono, “Così non hai più problemi!” Ti forniscono anche un’app che inserisce automaticamente le credenziali quando accedi a un sito. Geniale, no? Sì, ma il principio è lo stesso: le vostre password finiscono su un server di terzi.

“Certo, ma sono criptate con algoritmi avanzatissimi, tipo hash 256…” diranno. “È impossibile decifrarle!” Davvero? Io sfido chiunque a sostenere che esista un sistema informatico inviolabile. Qualsiasi cosa legata all’informatica è potenzialmente vulnerabile, che si tratti di sistemi di criptazione, criptaggio o protezione avanzata. L’informatica si basa su 1 e 0: è possibile complicare la vita agli hacker, ma mai azzerare i rischi. Il rischio zero, in questo campo, non esiste.

Questo significa che, se affidiamo la nostra vita, i nostri soldi, i nostri diritti, le nostre foto, i nostri momenti privati e persino i nostri gusti a server gestiti da terzi, stiamo di fatto cedendo la sovranità sulla nostra esistenza. E chi detiene quel potere potrebbe, in teoria, controllare tutto con un semplice clic. Non lo farà oggi, non lo farà domani, ma più ci convincono che questa sia una grande comodità e il sistema del futuro, più saremo portati a cedere.

L’editoriale di Fabio Duranti ai microfoni di Un Giorno Speciale