E’ tornato a farsi vivo, non che ne avvertissimo invero la mancanza, l’immarcescibile bardo cosmopolita Roberto Saviano, l’aedo della globalizzazione liberal progressista del sontuoso attico di Nuova York, il cantore ditirambico dei rapporti di forza simmetrici del turbocapitalismo. Egli, come sempre, è cinto da noia patrizia ed è sempre sorvegliato dai nerboruti e guardinghi uomini della scorta.
Roberto Saviano passa presso l’opinione pubblica per essere l’intellettuale dissidente, l’intellettuale disallineato rispetto al potere e sempre in lotta per la giustizia e per il bene dell’umanità. Ma a una più attenta analisi il bardo cosmopolita risulta invero essere l’intellettuale, massimamente funzionale all’ordine simbolico dominante, della globalizzazione liberal progressista, arcobalenica e wokista. Ed è ovviamente per questo motivo che il bardo cosmopolita del sontuoso attico di Nuova York gode di visibilità mediatica permanente, e viene ogni giorno celebrato all’unisono dai giornali e dalle televisioni dell’ordine dominante. Del resto non vi sarà sfuggito il paradosso.
Se Roberto Saviano fosse così inviso al potere, perché mai il potere dovrebbe santificarlo e celebrarlo a reti unificate ogni giorno?
Lo vediamo continuamente comparire catodicamente in monologhi che puntualmente si caratterizzano per l’assenza di contraddittorio. Ordunque le ultime due uscite del bardo cosmopolita cinto da noia patrizia sono davvero notevoli e non possiamo in qualche modo dispensarci dal commentarle.
Il bardo cosmopolita ha apertamente difeso la controversa rassegna libraria organizzata da Chiara Valerio e chiamata “Più Libri Più Liberi”, una rassegna che sta facendo assai discutere perché, dedicata alla memoria della povera Giulia Cecchettin, ha imprudentemente invitato un intellettuale sotto processo, Leonardo Caffo, per violenza contro la propria compagna. Insomma, nel circuito del pensiero unico politicamente corretto non si bada più a nulla, l’importante è invitare gli amici e gli amici degli amici.
Come se non bastasse, il bardo cosmopolita si è nei giorni scorsi scagliato contro Fratelli d’Italia, che è del resto uno dei suoi bersagli favoriti da lungo tempo. Il bardo cosmopolita, dopo aver deposto le titillevoli aragoste rosse e l’inebriante tartufo bianco, a noi piace immaginarlo così, ha di fatto asserito che Fratelli d’Italia non deve permettersi di mettere le mani sul personaggio di Atreju per la sua “sagra”, così l’ha definita in maniera davvero radicale e poco raffinata, il bardo cosmopolita. Come sapete Atreju è da tempo il personaggio a cui si richiama per la propria festa il partito di Giorgia Meloni, partito che noi per parte nostra critichiamo da tempo per le sue posizioni liberal-atlantiste. Ma questo non ci dispensa certo dall’attaccare non meno duramente il bardo cosmopolita, intellettuale di punta della visione global-capitalistica.
Insomma, il bardo cosmopolita non soltanto difende, more solito, i suoi amici e i suoi amichetti, ma adesso decide anche come e chi possa usare i personaggi letterari. Mai una volta che il bardo cosmopolita si scagli contro il capitalismo e contro l’imperialismo, ossia contro i due capisaldi dell’ordine dominante al quale egli risulta ideologicamente del tutto affine. D’altro canto, se egli lo facesse, non si troverebbe più tutti i giorni a pontificare e a sermoneggiare senza contraddittorio in tv, anzi sarebbe osteggiato da quel potere dominante che invece, come ricordavo, lo celebra urbi et orbi ogni giorno.
Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro
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