Milei parla di politica ‘funzionante’ mentre in Argentina il numero dei poveri supera i 5 milioni

Al festival politico-culturale di Fratelli d’Italia, chiamato Atreju – dal nome del protagonista del celebre libro poi trasformato in pellicola La Storia Infinita – si è esibito sul palco anche il Presidente argentino Milei. Così leggiamo, ad esempio, sul Corriere della Sera: ‘Milei, il Presidente argentino ad Atreju le ricette tradizionali della politica hanno fallito, le mie funzionano’. Per ‘ricette tradizionali della politica’ Milei intende principalmente il sistema welfaristico, che egli ha prontamente smantellato in Argentina in nome del fanatismo del libero mercato concorrenziale.

D’altro canto è notizia di questi giorni che l’Argentina, in un anno di attività di Milei, ha battuto il deficit ma ha altresì visto crescere il numero dei poveri di ben 5 milioni e d’altro canto lo stesso Milei ancora nei giorni scorsi menava vanto di aver licenziato in blocco ben 34.000 dipendenti pubblici. Prodigi del neoliberismo e del suo fanatismo senza confini.

La nota immagine di Milei con la motosega in mano sembra rappresentare perfettamente il suo modus operandi e, più precisamente, il suo rapporto molto diretto con i diritti sociali. Come ricordato poco anzi, Milei li sta smantellando impietosamente uno dietro l’altro, portando avanti il nefando programma delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni in Argentina.

In una parola: è il trionfo del neoliberismo come folle fanatismo del mercato e delle sue impietose leggi. Per dare un inquadramento generale ma non di meno preciso, Milei rappresenta al meglio oggi l’integralismo neoliberale con annessa adesione fanatica all’imperialismo a stelle strisce. Il peggio che possa esservi, a nostro giudizio.

Il fatto che Milei sia stato invitato da Fratelli d’Italia, e soprattutto che sia stato accolto in pompa magna quasi con una ovazione, deve fare riflettere seriamente. Oltretutto nel corso del suo intervento non ha perso occasione di ribadire che Keynes rappresenta il male. La destra bluette di Giorgia Meloni viene spesso stoltamente definita neofascista, quando in realtà si tratta semplicemente di una destra ultraliberista e ultraimperialista, una destra che non ha nulla a che fare con il fascismo mussoliniano.

Tempo addietro, mi si è concesso una breve nota autobiografica, a un giornale spagnolo che, nell’intervistarmi, mi domandava se con la Meloni fosse tornato il fascismo in Italia, ebbi modo di rispondere icasticamente. Molto peggio, è arrivato il neoliberismo estremo. neoliberismo estremo che, a mio giudizio, e lo dico da allievo di Marx e di Gramsci, riesce a essere decisamente peggiore perfino del fascismo mussoliniano, se mai è possibile.

Fascismo mussoliniano che, al netto delle molteplici malefatte che certo non possiamo dimenticare e perdonare, aveva se non altro il senso dello Stato sociale e non si identificava certo nel vangelo del libero mercato cosmopolitico. Con ciò sia chiaro non intendo riabilitare il fascismo, ma solo affermare che il governo di Giorgia Meloni riesce, se mai è possibile, ad essere perfino peggiore del fascismo. La verità è che in Italia abbiamo al tempo stesso la peggior sinistra possibile e la peggior destra possibile.

Una vergognosa sinistra fucsia neoliberale imperialistica e una vergognosa destra bluette ugualmente neoliberale e imperialistica. le quali, destra e sinistra, al di là della loro contrapposizione fittizia e mediatica, condividono appieno il medesimo programma, quello incentrato sul credo nella civiltà del mercato, centrata sull’imperialismo di Washington. Siamo da tempo entrati, non mi stanco di ribadirlo, nell’evo del partito unico fintamente articolato del capitale, dove destra e sinistra rappresentano il medesimo, fintamente pluralizzato.

Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro