Con tutta evidenza la situazione in Siria risulta più drammatica anche del previsto. Le milizie terroristiche dell’Isis stanno letteralmente mettendo a ferro e fuoco la nazione, come prevedibile. Da più fonti apprendiamo che la famiglia del presidente Assad sarebbe già fuggita in Russia e lo stesso presidente potrebbe presto seguirla per mettersi al riparo rispetto a quello che ormai appare sotto ogni riguardo un regime change, un cambio di regime, vuoi anche un colpo di Stato gestito ad arte dai terroristi.
Terroristi che, giova a rammemorarlo, non si sa bene in nome di chi e finanziati da chi agiscano. Quel che è certo, al di là di ogni ragionevole dubbio, è che i terroristi dell’ISIS colpiscono puntualmente quelle aree, quelle nazioni e quei governi che, per un motivo o per un altro, sono ostili all’Occidente, o anzi all’Uccidente liberale atlantista. Si tratta di governi che quasi sempre, come è il caso della Siria di Assad, sono già da tempo nel mirino dell’uccidente liberale atlantista.
Per quel che concerne la Siria di Assad, pare quasi superfluo sottolinearlo. Da più di dieci anni ormai, l’Uccidente a stelle e strisce le ha giurato inimicizia perpetua. E ciò in ragione del fatto che la Siria risulta, oggi, uno Stato sovrano e resistente, vicino alla Russia e alla Cina, esideralmente distante dalla globalizzazione nichilistica del dollaro e della finanza.
Se anche non possiamo affermare che l’Isis sia manovrato da Washington, abbiamo comunque buone ragioni per asserire che esso opera puntualmente nella stessa direzione degli interessi di Washington. Washington, che non per caso è attualmente impegnata a condannare il governo di Assad, qualificato come dittatoriale totalitario, più che il terrorismo dell’Isis. Anzi, a rigore, in queste ore i giornali allineati alla narrativa mainstream filo-uccidentale si stanno impegnando, dando il peggio di sé, nel sostenere che in fondo i terroristi dell’Isis stanno agendo rettamente, da che stanno scardinando un regime totalitario, quello di Assad, e dunque stanno agendo in nome del bene.
Questo è il tacito corollario che accompagna la narrazione mainstream. E così, dopo averci spiegato con solersi e con zelo che esistono anche nazisti buoni, quelli del battaglione Azov infame in Ucraina, ora ci spiegano che esistono anche terroristi democratici o umanitari, come quelli che stanno rovesciando il governo di Assad. Si tratterà magari di un caso, certo, ma è un caso sicuramente interessante e degno di essere riscontrato.
D’altro canto lo sappiamo assai bene. Washington si oppone formalmente all’estrema destra neonazista, ma all’occorrenza non disdegna di supportarla, come nel caso del famigerato e poc’anzi menzionato battaglione Azov in Ucraina. Che cosa vieta allora di ipotizzare, sottolineo ipotizzare, che una prassi analoga possa avvenire in relazione al terrorismo? Lo ripeto, è un’ipotesi, più precisamente un’ipotesi incardinata sul pacato riscontro del fatto che i nemici dell’Isis sono puntualmente gli stessi dell’uccidente a trazione washingtoniana.
Quell’Uccidente che, non dimentichiamolo mai, nel caso dell’Iraq si inventò addirittura armi di distruzione di massa in realtà inesistenti, al solo fine di poter occupare impunemente la regione e di poterla portare sotto leggi da neoliberale e atlantista. La fine della Siria di Assad, inutile sottolinearlo, è una tragedia geopolitica di portata epocale. Come è già accaduto con la Libia di Gheddafi o con l’Iraq di Saddam Hussein, anche in questo caso la fine del governo coincide, quasi sicuramente, con l’instaurazione di un inferno.
Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro