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Sport

Bartali, memoria di un giusto

Lui non esitò: questa la sentenza che lo consegna alla Storia, senza i distinguo dei trionfi, della celebrità, di una bacheca che contiene, pigiati tra i ripiani di un’epoca leggendaria, tre Giri d’Italia, due Tour de France, tre Giri di Lombardia e quattro Milano – Sanremo.

Gino Bartali aveva ventidue anni nel 1936, quando vinse il suo primo Giro d’Italia nell’anno in cui era stato costituito l’Asse Roma – Berlino. Ne aveva trentaquattro nel 1948, quando vinse il suo secondo, leggendario Tour de France.

In mezzo, era passata la Storia sempre lei; mai così feroce, mai altrettanto colpevole. Lui decise di farne scorrere il più possibile all’interno dei tubi del telaio della bicicletta con la quale si allenava. Ogni chilometro, un passo lontano dalla morte per tutti quegli italiani di religione ebraica, non ebrei italiani, che poterono rinascere a una temporanea e non perseguitata falsa identità grazie alle foto tessere e ai documenti arrotolati nel segreto dell’anima metallica di una Legnano.

Glielo aveva chiesto Elia Angelo Dalla Costa, l’arcivescovo di Firenze: lui per tutta risposta cominciò a correre, in un tempo in cui le corse erano sospese, partendo dalla stazione di Terontola – Cortona e sconfinando fino in Umbria, pur di raggiungere una tipografia clandestina che falsificava i dati e gli incriminabili cognomi.

Circa ottocento persone furono messe al riparo dalla persecuzione grazie ai suoi quadricipiti, ai suoi polpacci, alla capacità dei polmoni che custodivano il cuore di un uomo, già celebre, già campione, che avrebbe potuto fregarsene; che non era obbligato a immedesimarsi nell’angoscia di chi stava correndo un rischio che non lo toccava.

Oggi il nome di Gino, nato a Ponte a Ema appena sotto Firenze, è scolpito tra i “Giusti dell’Olocausto” nel Giardino dei Giusti del Mondo di Padova e figura anche come “Giusto tra le Nazioni” per lo Yad Vashem, l’Ente nazionale per la Memoria della Shoah.

Per il resto, sono solo record e vittorie memorabili.

Paolo Marcacci

Paolo Marcacci

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