“Non sono ricattabile, non mi faccio intimidire. Vado avanti senza paura”, così risponde pubblicamente il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, indagata dalla Procura di Roma per favoreggiamento e peculato sul Caso Almasri.
Il comandante libico Nijeem Osama Almasri – comandante della prigione di Mitiga – è stato accusato dalla corte dell’Aja di crimini di guerra e contro l’umanità, arrestato a Torino il 19 gennaio e liberato e rimpatriato in Libia poco dopo (il 21 gennaio) tramite un volo speciale dei servizi segreti italiani.
La Corte d’Appello di Roma non ha infatti convalidato l’arresto aggrappandosi a un cavillo: ossia il mancato avviso della stessa detenzione di Almasri al Ministro della Giustizia.
È l’avvocato Luigi Li Gotti (ex sottosegretario di Italia dei Valori) ad aver presentato la denuncia alla Procura di Roma, oltre a Giorgia Meloni sotto indagine anche Nordio, il sottosegretario alla presidenza del consiglio Alfredo Mantovano e il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.
“A seguito della mancata convalida dell’arresto da parte della Corte d’appello di Roma, considerato che il cittadino libico era a piede libero in Italia e presentava un profilo di pericolosità sociale, come emerge dal mandato di arresto emesso in data 18 gennaio dalla Corte penale internazionale, ho adottato un provvedimento di espulsione per motivi di sicurezza dello Stato. Il provvedimento è stato notificato all’interessato al momento della scarcerazione e, nella serata del 21 gennaio, ha lasciato il territorio nazionale”. Questa è la parafrasi esposta in Senato dallo stesso Piantedosi.
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