L’ultimo sproposito di Jovanotti su Tony Effe e Mozart è il deprimente ritratto dei nostri tempi

Nella controversa vicenda dell’annullamento del concerto romano di Capodanno di Tony Effe, è intervenuto anche l’immarcescibile Jovanotti, noto, oltretutto, per aver preso parte in passato a un consesso del gruppo Bilderberg, come raccontato dallo stesso artista in una circostanza tempo addietro.

Ebbene, Jovanotti si è avventurato imprudentemente a sostenere che Tony Effe e Mozart siano colleghi. Ha altresì spiegato che lo stesso Mozart avrebbe gradito la musica del cantante italiano, attualmente nell’occhio del ciclone.

Ora possiamo liberamente discutere quanto e come vogliamo della vicenda controversa di Tony Effe. Personalmente, non ho alcuna stima della sua musica, che anzi fatico francamente a definire musica, ma trovo comunque ripugnante la censura, anche quando si dirige contro persone di cui non condivido una sola idea. Le idee, infatti, si combattono con le idee, e il contrario di falsità è verità, non censura.

Oltretutto, mi sia consentito ricordare che, se Tony Effe è stato invitato a cantare al concerto, ebbene, annullare quell’invito difficilmente può essere inteso altrimenti che come censura. Lo dico a beneficio del fatto che Gualtieri, sindaco di Roma, ha precisato, quasi come un’excusatio non petita, che Roma non censura nessuno. Ebbene, non è proprio così.

Tony Effe è stato effettivamente censurato. Tuttavia, dire che Tony Effe e Mozart sono colleghi mi pare una solenne sciocchezza, offensiva rispetto all’idea stessa della musica.

Si può tutt’al più asserire che Mozart, Beethoven e Rossini fossero colleghi. Tutti e tre, e non solo loro, hanno rappresentato i vertici assoluti della musica moderna, e la musica, in quanto espressione artistica, è uno dei modi fondamentali in cui si coglie l’Assoluto, per dirla con Hegel. Ma elevare Tony Effe al rango di collega di Mozart mi pare decisamente troppo, soprattutto se si aggiunge, come ha fatto Jovanotti, che a Mozart piacerebbe la musica di Tony Effe.

Parole in libertà degne di un dadaismo 2.0. Viviamo, in effetti, nel tempo del relativismo assoluto, quello nei cui spazi gelidi e desertici Bergoglio può dire che tutte le religioni dicono ugualmente il vero, e Jovanotti può asserire che Tony Effe e Mozart siano colleghi.

Come si vede con limpido profilo, il nichilismo relativistico non promuove emancipazione e progresso, come per lungo tempo hanno fatto credere, esizialmente, i postmoderni. Al contrario, il nichilismo relativistico genera confusione, indistinzione e caos. Produce, oltretutto, situazioni francamente risibili, come quella di Jovanotti che fa la sua strampalata affermazione priva di fondamento, a ben vedere degna semplicemente di una sana, zaratustriana risata.

Il nostro è effettivamente il tempo del relativismo, e ciò che deve essere oggetto di riflessione è il fatto che il relativismo viene presentato come base del progresso, dell’emancipazione e della tolleranza. Le cose, tuttavia, stanno in maniera diametralmente opposta, essendo il nichilismo relativistico la logica culturale, per dirla con Jameson, del tardo capitalismo: quel capitalismo per il quale la forma-merce non deve avere alcun fondamento, ma solo illimitata circolazione, illimitato sviluppo e illimitata autovalorizzazione.

Ecco perché il nichilismo relativistico è fondamentale per la civiltà del nulla contemporanea, ossia per quell’Occidente che già da tempo abbiamo preso a definire “uccidente”.

Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro