Un riferimento erudito e controcorrente. Definire Benedetto Croce in poche parole è talmente banale da essere sbagliato, ma forse un docufilm potrebbe essere il modo giusto di restituire al pubblico italiano moderno l’immagine di un Novecento da celebrare.
Il regista Pupi Avati si appresta a dirigere il un nuovo e atteso documentario intitolato “Benedetto Croce – Il filosofo della libertà”, dedicato alla vita e al pensiero del celebre intellettuale italiano. Le riprese hanno come sfondo Napoli, città natale di Croce e scenario principale di questa produzione cinematografica.
Il film analizzerà la sostanza e la modernità del pensiero crociano, evidenziando come le sue riflessioni e i suoi scritti continuino a suscitare dibattito e offrire spunti rilevanti per la comprensione della società contemporanea. La narrazione si sviluppa attraverso un’originale rappresentazione visiva di Croce che passeggia per la Napoli odierna, alla ricerca di ricordi, emozioni e riflessioni.
Noto anche con il titolo “Un Natale a Casa Croce”, il film è stato presentato al Torino Film Festival. Questo evento ha offerto al pubblico una prima opportunità di apprezzare il lavoro di Avati su uno dei più influenti intellettuali italiani del XX secolo.
Attraverso questo docufilm, Pupi Avati si propone di offrire un ritratto completo e coinvolgente di Benedetto Croce, esplorando la sua vita, il suo pensiero e la sua duratura influenza sulla cultura italiana ed europea:
“Devo dire che quando mi chiedono di raccontare Croce è evidente che mi tremarono i polsi, perché è un personaggio di una vastità culturale, di un’onniscienza incredibile. Possedeva in questo appartamento enorme in Spaccanapoli, dove viveva, tra i 70.000 e gli 80.000 volumi, libri tutti catalogati, quindi acquistati uno per volta: parliamo di una conoscenza sia filosofica che storica che non ha eguali.
Lui controcorrente? Io sono la persona più adatta a rispondere a queste domande. Io e mio fratello abbiamo trascorso la nostra vita percorrendo sensi vietati.
Abbiamo seguito la nostra strada, sia a livello di tematiche affrontate dai nostri film, sia a livello di casting, quindi di attori. Eravamo continuamente anacronistici, fuori dal coro. La libertà di pensiero ha un prezzo, perché è evidente che a un certo punto devi passare alla cassa. Tuttavia possiamo dire che ogni anno abbiamo fatto i film che volevamo fare, quindi non c’è stato mai precluso il lavoro. Semmai siamo stati censurati, ma non ideologicamente. Siamo stati censurati sui budget, nel senso che a noi non sono stati riservati quei budget straordinari che si hanno invece per molti miei colleghi” per molte ragioni”.
Qui l’intervista VIDEO a Radio Radio Cafè.