Il mercato del lavoro in Italia è morto: ecco perché ve lo stanno nascondendo

Oggi parliamo di occupazione.

Secondo i dati pubblicati dall’Istat, a gennaio 2025 il tasso di disoccupazione in Italia sarebbe sceso leggermente al 6,3% rispetto al 6,4% del mese precedente, con la creazione di 145.000 nuovi posti di lavoro. Il tasso di occupazione sarebbe salito al 62,8%, il livello più alto dal 2004, con un incremento di 513.000 occupati rispetto a gennaio 2024. Insomma, una meraviglia, no? No, affatto.

Perché? Perché l’Italia continua a registrare uno dei tassi di occupazione più bassi d’Europa, con una significativa disparità di genere: l’occupazione femminile è ancora nettamente inferiore a quella maschile.

Ma il punto più critico è il tasso di disoccupazione giovanile, cioè quello della fascia tra i 15 e i 24 anni, che sarebbe sceso dal 19% del mese precedente al 18,7%. Dati che, letti così, sembrano incoraggianti, ma in realtà ci mostrano un fenomeno che da decenni cresce in modo preoccupante e rischia di soffocare il Paese. Senza occupazione giovanile, il problema delle pensioni non si risolve certo facendo lavorare le persone fino a 80 anni. Inoltre, il cambiamento demografico è sotto gli occhi di tutti: oggi abbiamo molti più anziani e molti meno giovani rispetto a 30-40 anni fa. Eppure, manca ancora una visione strategica per affrontare questa trasformazione.

Fare politiche economiche senza leggere e contrastare questi dati è un controsenso, un ossimoro rispetto al concetto stesso di politica. Possiamo continuare a giocare con i numeri dell’occupazione, fingendo che vada tutto bene, ma la verità è che il mercato del lavoro è cambiato radicalmente. Il lavoro dipendente stabile si sta riducendo sempre di più, mentre cresce il precariato e l’occupazione autonoma.

E qui nasce un altro problema: l’occupazione autonoma ha tassi di fallimento altissimi, perché le microimprese non riescono a reggere il confronto con le multinazionali. E il governo cosa fa? Nulla. Non protegge i lavoratori autonomi, i liberi professionisti, le piccole e microimprese.

Il vero nodo, dunque, è la mancanza di visione strategica. Per fortuna, io lavoro con imprenditori che non aspettano la pappa pronta del governo, non si affidano a questo o quel partito politico, ma si rimboccano le maniche e agiscono.

Malvezzi Quotidiani – L’economia umanistica spiegata bene con Valerio Malvezzi