Prodi, Ventotene, l’IA e i reel: continuate pure a distrarvi

Immaginate di ricevere una notifica sul vostro smartphone: un messaggio, un “mi piace”, un’email. In quel momento, il cervello rilascia dopamina, una molecola che regola il piacere e la motivazione. È una sensazione gratificante, breve ma intensa, che ci spinge a ripetere l’azione. Questo meccanismo, apparentemente innocuo, è alla base della dipendenza digitale.
La dopamina è in sostanza il carburante del nostro sistema di ricompensa. Ogni volta che compiamo un’azione che ci procura piacere – mangiare un dolce, vincere una sfida o, appunto, controllare il telefono – il cervello ci premia con questa sostanza chimica. Qui vengono i problemi, perché le tecnologie digitali hanno imparato a sfruttare questo processo in modo sistematico. Social media, app e piattaforme online sono progettati per catturare la nostra attenzione e mantenerci incollati allo schermo. Come? Offrendoci continue “microgratificazioni”: notifiche, video brevi, nuovi contenuti che stimolano il rilascio di dopamina.

Questo ciclo può anche diventare compulsivo. La ricerca mostra che il nostro cervello si adatta a queste scariche di piacere: più ne riceviamo, più ne desideriamo. Così, ciò che inizialmente era un semplice passatempo si trasforma in un’abitudine radicata, difficile da spezzare. La neuroplasticità – la capacità del cervello di modificarsi – rafforza queste connessioni neuronali, rendendo l’uso della tecnologia una necessità percepita.
Le conseguenze sono evidenti: calo dell’attenzione, ansia e stress cronico. La costante ricerca di stimoli riduce la capacità di concentrarsi su attività più impegnative e gratificanti a lungo termine, come leggere o studiare. Inoltre, la paura di perdere qualcosa (la cosiddetta FOMO) alimenta uno stato di tensione costante.

Sono sensazioni non troppo diverse da quelle che il dibattito mediatico ci propone oggi. Le arene in cui due istituzioni si accapigliano senza offrire alcun concetto sono il non plus ultra del talk politico, figurarsi se un politico “tocca” i capelli a una giornalista; un fatto oggettivamente grave ma che rischia di portarsi dietro una scia di informazioni “cavalcate” che, se protratte, ci portano dritti dritti fuori dalla realtà. Un “vizietto” che non riguarda solo il gestaccio di Prodi, ma anche la gaffe di Donzelli, così come le polemiche su Ventotene e chi più ne ha più ne metta. Tutto genera una distrazione che, in un mondo in cui può essere letale tralasciare la realtà, diventa un vizio da evitare con cura.

Ascolta QUI l’editoriale di Fabio Duranti