Sul palco surreale della demenziale “Piazza dell’Europa”—la stessa piazza in cui, lo ricordiamo, si cantava Bella Ciao invocando orwellianamente il riarmo del continente—era presente anche il noto cantautore Roberto Vecchioni. Quest’ultimo ha tenuto un discorso da far accapponare la pelle, da far tremare le vene e i polsi. Ha pronunciato parole di una gravità inaudita, tali da farci seriamente pensare che forse sarebbe davvero meglio se si limitasse a cantare. Tanto sono belle, indubbiamente, le sue canzoni storiche, quanto sono orrende—non sapremmo definirle altrimenti—le parole espresse sul palco della più demenziale piazza della storia umana.
“Non si può accettare qualsiasi pace”, ha affermato il cantautore meneghino. In sostanza, secondo Vecchioni, sbagliano coloro che vogliono la pace incondizionata, perché la vera pace, nel suo ragionamento, è quella di chi vuole armarsi. Non serve certo un dottorato in logica a Oxford per capire che il sofismo impiegato da Vecchioni—e con lui dalla nutrita banda degli euroinomani belligeranti—è lo stesso secondo cui la vera pace coincide con la guerra.
Chi rifiuta la guerra, dunque, non è un sostenitore della pace, bensì un pericolo per l’Unione Europea: quel tempio vuoto che santifica il turbocapitalismo finanziario e il nulla della cancel culture, innalzato a unico orizzonte di senso in un’epoca che ha rinunciato a ogni senso. Del resto, il gioco è chiaro: dicono di voler difendere la pace, sventolando bandiere arcobaleno che rappresentano il nulla, mentre intanto propiziano il riarmo dell’Europa secondo il folle piano della vestale del neoliberismo continentale, Ursula von der Leyen.
Un piano che, tra l’altro, verrà probabilmente finanziato attingendo a piene mani dalle tasche dei contribuenti europei, come già si discute a Bruxelles. Come se non bastasse, Vecchioni ha avuto anche il coraggio di pronunciare parole surreali e incredibili. Ha detto:
“Ora chiudete gli occhi e pensate ai nomi che vi dico: Socrate, Cartesio, Hegel, Marx. Vi dico Shakespeare, Pirandello e Leopardi. Ma gli altri le hanno queste cose?”
Si tratta di parole caricaturali, quasi fumettistiche, per non dire platealmente prive di senso.
Che la nostra civiltà abbia avuto questi spiriti magni è un dato di fatto, e non possiamo che esserne fieri. Ma è del tutto indecoroso mobilitare i nomi di questi giganti del pensiero per giustificare politiche infami di riarmo che nulla hanno a che vedere con la grandezza di tali personaggi. Proprio perché abbiamo avuto Cartesio e Leopardi, dovremmo avere la dignità di respingere la guerra e difendere le ragioni della pace e del dialogo. Senza contare l’assurdità dello schema di pensiero che porta a citare gli eroi della nostra civiltà per sminuire quelli altrui, come ha fatto il cantautore meneghino.
Forse ignora che, se in Europa abbiamo avuto Dante e Cartesio, in Russia hanno avuto Dostoevskij e Puškin. Ancora, forse Vecchioni non sa che la Russia non è un altro mondo rispetto all’Europa, bensì una parte integrante della nostra cultura. Sarebbe più saggio, quindi, citare Cartesio e Shakespeare per prendere coscienza di come l’Unione Europea li abbia traditi, anziché usarli per santificare la sua follia militarista.
È davvero un peccato che Vecchioni abbia smesso di essere anzitutto un grande cantautore per vestire i panni del predicatore politico allineato all’ordine dominante. Si è spinto persino, dal palco della Piazza per l’Europa, a celebrare il riarmo continentale voluto dagli euroinomani di Bruxelles e dai banchieri apolidi che oggi dettano legge nel Vecchio Continente.
Da parte nostra, con spirito di carità, continueremo a ricordare con stima e ammirazione il Vecchioni cantante. Sul Vecchioni predicatore stenderemo invece un velo pietoso, poiché le sue recenti orazioni politiche non sono altro che un’eco dell’ordine discorsivo egemonico di un’Unione Europea sempre più simile a un treno in corsa verso l’abisso.
Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro