Roberta Bruzzone “Tracce genetiche esigue: non mi aspetto stravolgimenti“ – Novità sul caso Stasi, ora è ufficiale. Dopo l’iniziale richiesta di rigetto di due giorni fa da parte della procura di Milano, Alberto Stasi ha ottenuto la semilibertà. A deciderlo è stato il Tribunale di Sorveglianza di Milano. Il 41enne, condannato in via definitiva nel 2015 a 16 anni per l’omicidio di Chiara Poggi nel 2007 a Garlasco, potrà trascorrere parte della giornata fuori dal carcere, non solo per lavorare ma anche per attività di reinserimento sociale, e dovrà rientrare la sera a Bollate.
Per i magistrati del Tribunale di Sorveglianza di Milano, come si legge nel provvedimento, Stasi in carcere ha mantenuto “un comportamento in linea con l’accettazione della condanna“, nonostante si sia sempre dichiarato innocente e “ha sempre manifestato empatia e sofferenza verso” la vittima.
Secondo i giudici, la recente relazione degli operatori del carcere, aggiornata al primo aprile scorso, evidenzia che Stasi ha continuato il suo percorso “in maniera regolare e la capacità di adattamento (…) lo ha aiutato anche nella gestione del lavoro all’esterno” e nella “fruizione dei permessi premio“. In questo modo ha avuto “l’occasione” di socializzare con persone esterne al contesto di detenzione e ha potuto confrontarsi “con il senso comune, con possibili processi di stigmatizzazione che, invero, non sono emersi in modo preponderante”.
Nel frattempo, continuano le indagini sul caso, con riferimento particolare alle tracce di DNA rinvenute sotto le unghie della vittima, Chiara Poggi.
Secondo il genetista Carlo Previderé, incaricato dalla procura di Pavia di analizzare questi nuovi elementi, “Sui frammenti di due unghie di Chiara Poggi ci sarebbe un Dna maschile perfettamente sovrapponibile con quello di cinque linee maschili“. In particolare, “Uno dei cinque aplotipi ottenuti, è risultato perfettamente sovrapponibile con quello identificato nella consulenza di Matteo Fabbri, cui anni fa la difesa di Stasi si rivolse per estrarre il Dna di Andrea Sempio” (amico del fratello della vittima).
I campioni, prelevati da un cucchiaino, una tazzina e una bottiglietta d’acqua, porterebbero infatti a un risultato “compatibile” con la traccia genetica riscontrata sulla mano destra e sul pollice della mano sinistra di Chiara Poggi.
In diretta su “Lavori in Corso”, la famosa criminologa Roberta Bruzzone ha dato la sua opinione sugli ultimi sviluppi delle indagini, evidenziando come non ci siano a suo dire i presupposti per degli stravolgimenti particolari rispetto a quanto già stabilito.
“Sotto le unghia di Chiara Poggi non c’è più nulla: tutto il materiale è stato esaurito nel corso della perizia De Stefano nel 2014. Ciò che si ha a disposizione è dunque quello disponibile solo come profilazione. E chiaramente è un profilo che ha numerose criticità, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Quindi solo su quel dato non si potrà fare granché. Il resto dei reperti che sono stati indicati nell’incidente probatorio sono reperti che comunque hanno 18 anni, molti dei quali non hanno niente a che fare col delitto. Parliamo di un vasetto di yogurt, una scatola di cereali… Nulla che possa essere ritenuto rilevante ai fini del delitto, quindi francamente che oggi quei reperti possano dare indicazioni determinanti, francamente sarei portata a escluderlo“.
Su Andrea Sempio: “A meno che l’inchiesta su Sempio non ci riservi qualche sorpresa legata all’investigazione più di tipo tradizionale, (qualche intercettazione piuttosto che qualche testimonianza tardiva, in ogni caso credibile), non penso che si possa arrivare a cambiamenti concreti“
Sulle differenze con il caso di Gambirasio: “Sono due situazioni che non c’entrano nulla. Intanto nel caso di Yara c’era una quantità di tracce genetiche estremamente ampia. Quindi è stato possibile ottenere un profilo completo e non soltanto di un aplotipo Y. In più c’era un soggetto, Bossetti, che comunque non aveva mai avuto niente a che fare con la vittima. E’ chiaro poi che il ritrovamento, peraltro in zone abbastanza peculiari (addirittura le mutandine della piccola Yara); quella quantità di traccia ampiamente leggibile e perfettamente coerente dal punto di vista genetico con tutti gli indicatori (autosomici e sessuali), portava in una direzione precisa“.
Le conclusioni: “Su Chiara Poggi, parliamo di una quantità talmente esigua che potrebbe anche essere dovuta a una contaminazione con la pavimentazione. La vittima, dopo essere stata colpita violentemente al volto, ha sanguinato, le mani ci sono imbrattate nel suo stesso sangue ed è stata trascinata per circa 4 metri nella pavimentazione dell’abitazione. Quello che incastra davvero Stasi, dal punto di vista complessivo, non è tanto quello che c’è sulla scena, ma quello che avrebbe dovuto esserci e non c’è. Cioè i segni del suo passaggio quando dice di aver trovato il corpo; e i segni su di lui di quel passaggio, soprattutto sui tappetini dell’auto“.
ASCOLTA L’INTERVENTO INTERO SU “LAVORI IN CORSO” – CON STEFANO MOLINARI
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