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Attualità

La Cassazione ha deciso come denominare i genitori sui documenti ufficiali dello Stato

E adesso la Cassazione ha deciso che sui documenti ufficiali dello Stato italiano sparirà definitivamente la dicitura madre e padre e comparirà quella general generica di genitore.

Ne danno notizie a tutti i più letti e, soprattutto, più venduti quotidiani nazionali, i quali per lo più accolgono la novità con l’entusiasmo arcobalenico oggi imperante. Ad esempio, Laura Boldrini, la vestale del liberal progressismo, ha dichiarato, più baldanzosa che mai, che è ‘finito il tempo del bullismo di Stato’, sic.

La subcultura del niente

Sfugge davvero, in realtà, che cosa vi sia di discriminatorio e di offensivo nell’utilizzare le due parole, padre e madre, papà e mamma, che in ogni cultura sono poi le prime parole pronunziate da tutti i bambini quando vengono al mondo. Ancora una volta trionfa la subcultura del niente che oggi è egemonica in Occidente, anzi in Uccidente come meglio andrebbe definito, data la sua palese e conclamata ostilità verso la vita in ogni sua determinazione. Si è ormai dichiarata guerra perfino alle leggi di natura, leggi che prevedono che si venga al mondo grazie all’unione di un uomo e di una donna che, rispetto al figlio, diventano padre e madre.

E questa barbarie in tinta arcobaleno viene qualificata con l’altisonante nome di progresso. Si tratta, sa va san dir, di un passo ulteriore nella ormai collaudata lotta contro l’idea di famiglia, alla quale si vuole contrapporre l’idea che il figlio sia il frutto del desiderio dell’individuo, o più precisamente del consumatore, che tanta libertà ha quanta può acquistarne. Come abbiamo sostenuto estesamente nel nostro libro ‘Il nuovo ordine erotico, elogio dell’amore della famiglia, la lotta del turbocapitalismo’ sans frontières contro la famiglia si spiega anzitutto su basi antropologiche.

La civiltà del mercato aspira a sostituire ogni comunità solida e solidale con la mera contiguità spaziale degli atomi competitivi. Ed è per questo che prende di mira soprattutto e anzitutto la famiglia, che come bene sapeva Aristotele nella politica, rappresenta la cellula comunitaria fondamentale, nonché la prova del fatto che l’uomo viene al mondo in una comunità solidale, quella familiare appunto. Non per caso la politica di Aristotele si apre proprio con la trattazione di quella koinonia, di quella comunità sui generis che è la famiglia.

Il regresso sociale come conseguenza

Ebbene, la insocievole società di mercato aspira a decostruire ogni etica comunitaria per fare spazio alla concorrenza planetaria di atomi competitivi, di solitudini concorrenziali, secondo il modello tracciato da Adam Smith nella ‘Ricchezza delle Nazioni’, con l’immagine canonica del fornaio, del birraio e del macellaio. Una società nei cui spazi alienati sparisce ogni legame solido e solidale, legame del quale, lo ripetiamo, la famiglia resta il primo e il più evocativo.
Ordunque, i guerriglieri dell’arcobaleno continuano stoltamente a salutare come progresso le conquiste del nichilismo turbo-capitalistico nella sua marcia a trionfare, declaritate in claritatem all’insegna della barbarie e del regresso.

Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro

Diego Fusaro

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