Dazi-Trump, pericolo recessione: la reazioni dei mercati

Questo è il giorno della nostra dichiarazione d’indipendenza economica. Ci hanno derubato tutti. Riportiamo l’America alla ricchezza“. Così cita Donald Trump nel discorso in cui ha ufficializzato l’introduzione di dazi commerciali pesantissimi a tutti i paesi del mondo.

Il Presidente degli USA, con il “Liberation day“, ha ufficializzato l’inizio di una vera e propria guerra commerciale. La percentuale minima prevista per i dazi è del 10% (in vigore dal 5 aprile); ma i numeri inerenti ai paesi considerati ‘nemici’ sono molto più alti. Solo il dato relativo all’Unione Europea, infatti, è fissato al doppio, il 20%. Ma non si tratta dell’esempio più vertiginoso: sono infatti le quote dedicate a stati come il Vietnam (46%), la Thailandia (36%), Taiwan (32%), l’Indonesia (32%), la Svizzera (31%) o l’India (26%) a occupare le prime posizioni di questa speciale classifica.

Cosa c’è dietro la tabella presentata da Trump

La domanda che economisti, e non, si fanno dall’ufficializzazione del provvedimento è: Perché? E soprattutto, secondo quali canoni sono state stabilite le singole percentuali? La risposta ufficiale della Casa Bianca descrive la mossa di Trump come una reazione obbligata “ai dazi già imposti agli Stati Uniti dagli altri paesi“. Ma, almeno nel calcolo dell’entità effettiva di queste misure (e della “reciproca” reazione), i criteri utilizzati sembrano totalmente fallaci.

Infatti, come evidenziato dal giornalista e analista politico americano Andrew Spannaus, Le cifre sembrano essere derivate dal deficit/disavanzo commerciale che gli Stati Uniti hanno con ogni paese. Hanno applicato una formula. Perché nei paesi colpiti non ci sono dazi percentualmente così alti. L’amministrazione Trump ha fatto il calcolo di quanto gli altri paesi vendono agli Stati Uniti, applicando poi una formula semplice, ma anche banale, nel senso che non riflette quelle che sono le barriere reali, ma solo la capacità che hanno gli altri paesi di esportare verso gli Stati Uniti rispetto a quanto importano dagli USA. L’obiettivo di Trump è insomma quello di ridurre il deficit commerciale americano”.

Un esempio? Nella tabella presentata dallo stesso presidente americano, è riportato che è l’UE imponga agli USA, attualmente, Dazi fissati al 39%. Questo è assolutamente falso. Non esiste un modo per calcolare esattamente il dato medio relativo ai dazi tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti, perché il risultato può variare moltissimo in base ai criteri considerati. Ciò nonostante, il fatto che i dazi applicati dall’Ue siano molto inferiori alla cifra inserita nella tabella è più che certo (la Commissione Ue stima una percentuale media vicina all’1 per cento).

Dazi-Trump: La reazione dei mercati e le principali conseguenze per i risparmiatori

Come era presumibile aspettarsi, le conseguenze immediate dell’annuncio di Trump per la borsa europea sono state devastanti (nella giornata di ieri, Milano ha chiuso -3,6%).

Il timore principale dei mercati europei è quello di una probabile recessione economica: cioè il calo importante della produzione economica degli Stati membri dell’Unione. Questo quadro può essere riassunto in 4 conseguenze fondamentali:

  • Il calo del PIL;
  • L’aumento del tasso di disoccupazione;
  • La crescita dell’inflazione;
  • Una contrazione grave dei redditi, comprese le entrate delle varie aziende.

Alla luce di tutto questo (senza escludere possibili sviluppi alternativi), le reazioni a caldo dei mercati sono risultate principalmente in un calo importante del settore azionario. Al contrario, in previsione di una probabile decisione della Banche Centrale di ridurre i tassi d’interesse (e quindi il costo del denaro – con lo scopo di dare un impulso all’economia europea), il settore obbligazionario (legato ai titoli di stato) è stato oggetto di una crescita importante.

Eventuali cambiamenti dipenderanno unicamente dalla volontà, o meno, da parte di Trump di sedersi realmente a trattare con i singoli interlocutori, facendo rientrare la situazione. Per il momento, però, questa non sembra una possibilità concreta.

Infatti, in un’intervista alla CNN, il Segretario al Commercio Howard Lutnick ha assicurato che la Casa Bianca non intende “fare marcia indietro. “Il Presidente Trump è molto determinato“, ha poi aggiunto.